Il Libro della Giungla, il cucciolo uomo fra gli animali umani

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Il Libro della Giungla, il cucciolo uomo fra gli animali umani ultima modifica: 2017-05-14T08:30:30+02:00 da Emanuel Trotto
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Il fatto

Mowgli è un cucciolo d’uomo allevato da un branco di lupi dopo esservi stato condotto dalla pantera Bagheera ancora in fasce. Egli vive in armonia con la sua famiglia, apprendendo la Legge della Giungla. Ma la minaccia di morte della tigre Shere Khan nei suoi confronti, mette nel branco un dilemma. Bisogna riportare Mowgli dagli umani o affrontare il nemico?

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Il commento

A parere di chi scrive, ci sono storie che si vivono “con la testa” e quelle che vengono vissute “con il cuore”. Le prime quelle storie che si rivedono, poi, sotto una luce “logica”. Le seconde sono quelle che è praticamente impossibile vedere sotto una luce logica ed obiettiva. Per quanto riguarda i film non si fa alcuna eccezione. Li si può vivere con il cuore o li si può vivere con la testa. Entrambi sono modi di apprezzare e vedere.

In precedenza, si è accennato alla storia della “ragazza Mowgli”. La bambina che era stata ritrovata da delle guardie forestali nell’Uttar Pradesh che viveva assieme a delle scimmie. Avevamo anche detto che nella sua storia non vi era affatto nulla di favolistico, ma solo un prodotto di un certo tipo di cultura pregiudizievole dura a morire.

Ma perché un fatto così tristemente consueto, si è trasformato in un caso della rete? Per via dell’alone di favola che i ritrovatori (e media) hanno usato per infarcire la storia. Sarebbe a dire, per esempio, il fatto che le scimmie la difendevano quando è stata prelevata. Nella realtà, la bambina era restia a seguire i soccorritori perché era spaventata da questi ultimi. E le scimmie di certo non l’hanno “soccorsa”. Poi viene la testimonianza del responsabile delle aree forestali locali, Gyan Praksh Singh: per lui è impossibile che una bimba viva per anni nella foresta senza che le telecamere poste nella riserva non la vedessero.

Questa è la storia rivista “con la testa”. Sarei bugiardo se dicessi che, alla storia della ragazza selvatica, non ci abbia creduto un pochino. Vedendole con il cuore, quelle scimmie protettive mi hanno ricordato Il libro della Giungla, dai racconti di Kipling al film di Jon Favreau. Leggere la vicenda della ragazzina cresciuta dalle scimmie mi ha fatto ripensare al ragazzino cresciuto dai lupi. E dal soprannome che le hanno dato non sono stato di certo il solo a pensare a lui. Mowgli educato dalla Legge della Giungla. Che recita: «Il lupo che la rispetta prospera, il lupo che non lo fa muore».

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Una legge che vale per il branco, simbolo di unità familiare e sicurezza, e per qualunque tipo di comunità, o ecosistema che dir si voglia. Un equilibrio in cui vige, anche nel predatore, un rispetto per la vita. Cosa che, invece, la solitaria Shere Khan non rispetta. Conosce una sola condizione: il rispetto portato con la paura, la morte come svago oltre che nutrimento. La ferocia fine a se stessa. Rifiutata e temuta. L’unico che teme (e per questo odia) la tigre è l’uomo perché possedendo il “Fiore Rosso” ha in mano il potere immenso di distruggere: e per questo va distrutto. Anche se si tratta dell’innocente Mowgli destinato, a suo dire, a diventare un uomo crudele come qualsiasi suo simile.

Mowgli è intelligente, ha una marcia in più per affrontare i pericoli e le insidie che la foresta offre. Perciò, potenzialmente, è in grado anche di distruggere. Perciò è un nemico. Quindi deve morire, non basta essere portato da una comunità all’altra (dai lupi agli uomini). Per la sua intelligenza le scimmie, così orgogliosamente simili all’uomo (secondo Kipling), lo vogliono come loro alleato per dominare grazie al fuoco: il Fiore Rosso.

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Questa marcia in più è proprio quello che gli permetterà di creare un nuovo, indissolubile, legame con la giungla. Non è più un semplice “cucciolo di uomo fra i lupi”. Non è più un estraneo in un ambiente che non conosce. Non è più costretto alla condizione di essere “nel mezzo” fra i due mondi. Mowgli è in grado di vivere nella Natura e vivere la propria natura appieno, senza pregiudizi. Ricercandola in se stesso e in quello che lo circonda e che conosce. Una coscienza di sé non imposta.

Questo è, forse, anche quello che la ragazzina vissuta con le scimmie aveva trovato. Quasi inconsciamente. E forse Noi, riprendendola in quella cultura che l’aveva rifiutata perché diversa, siamo colpevoli. L’abbiamo riportata là dove diverso significa incomprensibile, pericoloso, come si crede essere l’intrico della giungla. Colpevoli in qualche modo lo siamo tutti.

Scheda film

  • Titolo originale: The Jungle Book
  • Regia: Jon Favreau
  • Soggetto: dalla raccolta di racconti The Jungle Book (1894) di Rudyard Kipling
  • Sceneggiatura: Justin Marks
  • Interpreti e doppiatori originali: Neel Sethi (Mowgli), Bill Murray (voce Baloo), Ben Kingsley (Bagheera), Idris Elba (Shere Khan), Lupita Nyong’o (Raksha), Scarlett Joahnsson (Kaa), Giancarlo Esposito (Akela), Christopher Walken (Re Luigi);
  • Origine: USA, 2016
  • Temi: NATURA, CINEMA, ANIMALI, BIODIVERSITA’

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Il Libro della Giungla, il cucciolo uomo fra gli animali umani ultima modifica: 2017-05-14T08:30:30+02:00 da Emanuel Trotto

Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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