Pesticidi nel Po. Pubblicato il rapporto di ISPRA. Pietro Paris spiega l’evoluzione della contaminazione e le preoccupazioni degli scienziati

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Pesticidi nel Po. Pubblicato il rapporto di ISPRA. Pietro Paris spiega l’evoluzione della contaminazione e le preoccupazioni degli scienziati ultima modifica: 2017-02-23T08:00:57+01:00 da Roberta Lazzarini
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Era il 2003 l’anno in cui furono organizzate le prime campagne di monitoraggio per misurare il livello di inquinamento delle acque del bacino del Po, il più importante fiume italiano per dimensione e per concentrazione delle attività umane. In questi giorni l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale –  ISPRA  ha pubblicato il report “Sostenibilità ambientale dell’uso dei pesticidi – il Bacino del Po” che descrive l’evoluzione della contaminazione da pesticidi nel bacino del fiume.

pesticidi nel Po
Scorcio del Fiume Po durante la piena. Acque chiare ma contaminate. Foto di D.Zappi

Per la gente comune, spesso i dati e le informazioni di rapporti scientifici e ricerche, non diventano vera conoscenza se non vengono evidenziati in una certa maniera. Nonostante si siano fatti notevoli progressi e la divulgazione scientifica sia diffusa, certi risultati tecnici ancora oggi vengano compresi solo in parte perché il loro linguaggio con il quale vengono presentati,  non sempre è alla portata di tutti. La possibilità di dare il giusto risalto a questo rapporto di ISPRA e all’esperienza di chi è stato sul campo e da anni ha studiato questo fiume, ci ha spinto a contattare Pietro Paris, ingegnere responsabile del Dipartimento Nucleare, Rischio Tecnologico e industriale Settore Sostanze Pericolose  di ISPRA e che con grande disponibilità, chiarezza e puntualità ha risposto alle nostre domande.

Sostenibilità ambientale dell'uso dei pesticidi. Ispra 2017
Sostenibilità ambientale dell’uso dei pesticidi. Ispra 2017

I pesticidi, è noto, sono sostanze utilizzate per combattere organismi ritenuti dannosi e come tali sono biocidi e possono essere pericolosi per tutte le forme di vita.

Qual è la sostanza inquinante rinvenuta nei monitoraggi che ha preoccupato maggiormente gli scienziati ricercatori?

Le sostanze attualmente impiegate sono circa quattrocento e il mercato è in continua evoluzione. Esistono tuttavia gradazioni di pericolosità. Le sostanze in assoluto più pericolose sono quelle che appartengono alle seguenti categorie: sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione (CMR); interferenti endocrini (IE); sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT) o molto persistenti e molto bioaccumulabili (vPvB)“.

La normativa europea classifica queste sostanze come “estremamente preoccupanti” e  sono vietate nei pesticidi “tuttavia  capita spesso che queste proprietà vengano scoperte solo dopo che le sostanze sono state autorizzate, e in passato si è fatto un largo uso di queste. Oltre alla pericolosità, queste sostanze hanno una specificità, sono chiamate sostanze “senza soglia”, perché generalmente non è possibile stabilire un limite (concentrazione, dose) di sicurezza, ma anche concentrazioni molto basse possono rappresentare un pericolo“, spiega Paris.

Ma qual è stata la sostanza che non ci si aspettava di trovare?

Dopo oltre un decennio che studiamo l’inquinamento da pesticidi, abbiamo informazioni sufficienti per dire che tutti i pesticidi sono potenziali inquinanti e possono finire nelle acque dei fiumi anche con molto ritardo rispetto all’uso che se ne è fatto. L’uso dei pesticidi consiste nel rilasciare queste sostanze nell’ambiente, è una situazione che in pratica rende quasi inevitabile la contaminazione dei corpi idrici“.

Con questo studio sulla sostenibilità del bacino del Po, Paris sottolinea l’obiettivo delle attività condotte ovvero la comprensione della evoluzione temporale della contaminazione.

Sapevamo che sostanze fuori commercio anche da tanti anni, si trovano normalmente nelle acque, anche se questo non dovrebbe accadere in base alle valutazioni fatte al momento dell’autorizzazione. Abbiamo studiato l’atrazina proprio perché è una sostanza bandita da oltre venticinque anni, e rappresenta una caso emblematico di come può evolvere la sua presenza in un fiume. Quello che ha sorpreso è il fatto che il tempo di scomparsa nel Po è quasi perfettamente descrivibile con una legge matematica (dimezza circa ogni otto anni). Nelle acque sotterranee, invece, non è possibile evidenziare un trend. La concentrazione della sostanza è pressoché stabile e a livelli sensibilmente più alti (circa 4 volte)“.

Questo è il dato più importante dello studio: la contaminazione delle acque sotterranee evolve con estrema lentezza. “Una spiegazione – chiarisce Paris – è che nelle acque sotterranee vengono a mancare quasi del tutto i meccanismi di degradazione e la concentrazione evolve con i tempi di ricambio, molto lunghi nelle falde profonde“.

La piena del Po e le acque inquinate. Foto di D.Zappi
La piena del Po e le acque inquinate. Foto di D.Zappi

Viene da chiedersi  quale sia stata l’evoluzione della contaminazione delle sostanze tossiche in tutti questi anni.

C’è stato un aumento progressivo della diffusione territoriale della contaminazione nel periodo di osservazione che va dal 2003 al 2014, con una correlazione diretta all’estensione della rete e al numero delle sostanze cercate. Nelle acque superficiali la percentuale di punti contaminati è aumentata di circa il 20%, in quelle sotterranee di circa il 10%

Chi esegue campagne di monitoraggio sa e può anche prevedere ostacoli o  intoppi che ne rallentano le fasi delle attività. Chiediamo a Paris di farci chiarezza. A proposito sottolinea che negli oltre dieci anni di monitoraggio svolto c’è stato un incremento della copertura territoriale e della rappresentatività delle indagini.

Rimane ancora, tuttavia, una forte disomogeneità fra le regioni del nord e quelle del centro-sud, dove tuttora il monitoraggio è generalmente meno efficace, sia in termini di rete, sia in termini di sostanze controllate“.

Oltre a ciò Paris evidenzia la necessità di costante aggiornamento, da parte dei ricercatori e e del team coinvolto nelle attività: anche perché si deve tenere conto delle tante sostanze nuove immesse sul mercato.

C’è uno sfasamento tra lo sforzo di ricerca, che finora si è concentrato soprattutto sugli erbicidi e sui loro principali metaboliti. È utile ribadire la necessità di inserire nei protocolli regionali alcune sostanze che, ove cercate, sono responsabili del maggior numero di casi di non conformità, quali glifosate e AMPA, ma anche, solo per fare alcuni esempi, imidacloprid, metolaclor-esa, triadimenol, oxadixil”.

Pietro Paris responsabile del Dip. Nucleare, Rischio Tecnologico e industriale Settore Sostanze Pericolose ISPRA
Pietro Paris responsabile del Dip. Nucleare, Rischio Tecnologico e industriale Settore Sostanze Pericolose ISPRA

È evidente quanto sia davvero  necessario e importante uno sforzo di armonizzazione delle prestazioni dei laboratori, date le differenze ancora presenti fra le varie regioni. “I limiti analitici dovranno, in particolare, essere adeguati per consentire il confronto con gli SQA, (Standard di Qualità Ambientale) che spesso sono sensibilmente più bassi, tenendo conto di quanto stabilito dalla direttiva 2009/90/CE [Dir. 2009/90/CE], che fissa criteri minimi di efficienza per i metodi utilizzati per monitorare lo stato delle acque, dei sedimenti e del biota”.

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Nata e vissuta a Venezia, vive a Ferrara dove ha fondato, con un gruppo di amici, Officina Dinamica, una associazione di promozione sociale che organizza percorsi culturali e di sensibilizzazione a sfondo ambientale. Storica di formazione, per molti anni si è occupata di ricerca d’archivio e catalogazione. In azienda ha competenza più che ventennale nella comunicazione ambientale, nella formazione e organizzazione di eventi. Sviluppa progetti ed eventi di sensibilizzazione e divulgazione ambientale. Crede nell'importanza della conoscenza, nella condivisione di esperienze. Dipinge, scrive e si aggiorna su tematiche a valenza ambientale e sociale. Ama passeggiare nei boschi.

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