Zucchero e Il viaggio di Norm: quando essere green non significa qualità

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Zucchero e Il viaggio di Norm: quando essere green non significa qualità ultima modifica: 2017-02-19T08:30:59+01:00 da Emanuel Trotto
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In quasi tre anni che scrivo su eHabitat mi è capitato di toccare i temi più disparati: non solo cinema ma anche letteratura, musica, Netflix e la fotografia. Tanti anni di cinefilia accanita, non possono far altro che creare un certo bagaglio culturale. Ciò dà, fra le tante cose, la capacità di distinguere una inquadratura buona da una cattiva, giudicare positivamente o negativamente la regia, la recitazione ecc. Non solo di un film a tematica ambientale, ma qualsiasi film in generale. Insomma garantisce un metro di giudizio qualitativo. L’occhio, il cervello e la mente vengono opportunamente stimolati come un muscolo. E questo vale sia per il cinema, sia per la musica, sia per la lettura.

Parlando di cinema, nello specifico, l’esercizio di questo muscolo, ci permette di rispondere agevolmente ad alcune domande. Ad esempio: ho capito il messaggio del film che ho appena visto? Se sì come ci è riuscito e se no, perché non ci è riuscito? Naturalmente vale anche il discorso opposto: se si capisce in maniera fin troppo palese dove si vuole andare a parare, non c’è più gusto. E il desiderio di arrivare alla fine, per noia, diventa incontenibile.

Proprio per questo, anziché parlare di un film in particolare, preferisco fare un lavoro diverso. Intendo infatti segnalare due film a tematica ambientale che vi sconsiglio di vedere. Entrambi sono buone occasioni sfumate. Sono un film documentario, Zucchero – That Sugar Film (Damon Gameau, 2014) e uno d’animazione, Il viaggio di Norm (Trevor Wall, 2016).

Film a tematica green

Zucchero – That Sugar Film partiva da un’ottima idea di base, che suggerisce il titolo stesso. Parlare dello zucchero, del suo ruolo nella nostra alimentazione, e gli effetti negativi che questi può avere sull’organismo. Infatti, c’è una parte didattica iniziale, molto interessante ed accattivante. Scopriamo, infatti, che c’è zucchero nell’ 80% dei cibi confezionati e che è contenuto persino nei cibi considerati “senza zuccheri” come lo yogurt magro.

Fin qui tutto bene, la didattica e la grafica funzionano e trasportano come si deve il loro messaggio. E poi, il tracollo. Infatti, dalla teoria si passa alla pratica e il regista decide di sperimentare una alimentazione ricca di zucchero per 60 giorni. Assume così l’equivalente di quaranta cucchiaini al giorno di saccarosio da alimenti come, appunto, lo yogurt magro. Inevitabili gli effetti devastanti sulla salute, sull’organismo, sull’umore. Ricorda nulla? Se avete pensato a Super Size Me, avete indovinato.

Fra le scene finali del documentario di Spurlock c’era anche mostrata la quantità di zuccheri che aveva ingurgitato nel corso del suo esperimento. Riportare alla mente quella sequenza fa capire quanto un’operazione come Zucchero possa risultare superflua. La grafica e un ottimo montaggio cercano di colmare la vuotezza del tutto. Mentre l’aspetto più intrigante (ovvero lo zucchero presente anche in alimenti dove non ci dovrebbe essere) si disperde.

Il viaggio di Norm, invece, risente del problema opposto. Ovvero il messaggio viene mostrato in maniera fin troppo evidente a danno della qualità filmica. Innanzitutto perché utilizza dei personaggi stereotipati: Norm è erede al trono dell’Artico; Mr Greene è un appaltatore senza scrupoli. Norm, orso bianco compagnone e che sa parlare il linguaggio degli umani è il prescelto per salvare il suo mondo. Così decide di partire per New York e si fa passare da attore mascherato per riuscire a veicolare il suo appello. Vengono inoltre messe alla berlina filosofie “New Age” (in bocca al cattivo di turno), veganesimo usato come unità di misura della bontà del protagonista, che risulta perciò decontestualizzato.

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Insomma si cerca di fare una satira animalesca sul mondo ipocrita degli uomini (“Gli uomini sono le vere bestie”) in maniera piatta e noiosa. Prodotti minori come Animal United (2010), con intenti simili, funzionano di più: perché non dimenticano il proprio target. Questi ultimi riescono a far divertire adulti e bambini. Norm non riesce neppure a fare questo. Un film affogato nella spocchia e nel significato. Tutto deve essere bilanciato.

Qual è, in conclusione, la ricetta per un buon film a tematica green, indifferentemente dal genere? Innanzitutto avere un messaggio forte che può essere veicolato, però, con il minimo sforzo. Ed essere in grado di portarlo avanti fino alla fine senza annoiare, ma divertire ed interessare lo spettatore. Che in questo genere di lavori è il bersaglio che tutti devono centrare.

Zucchero e Il viaggio di Norm: quando essere green non significa qualità ultima modifica: 2017-02-19T08:30:59+01:00 da Emanuel Trotto

Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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