Il primo a diventare famoso è il lupo Ligabue, che nel 2004 viene monitorato dai monti di Parma a quelli di Mondovì testimoniando il ritorno del “cattivo” sulle Alpi. Passano gli anni e i predatori aumentano, molti vengono uccisi dalle auto, dai treni e dai fucili, anche se per la normativa europea è vietato sparare al lupo.
Ora, nel febbraio del 2017, la conferenza Stato Regioni discute sulle “Deroghe al divieto della rimozione lupi”, e probabilmente sparare non sarà più un tabù. La questione è diventata una specie di referendum all’italiana, con metà “votanti” che lo idealizza e l’altra metà che vorrebbe sterminarlo. I cittadini e gli ambientalisti scorgono nel lupo il romantico abitatore della natura selvaggia, i montanari e soprattutto gli allevatori vedono solo un nemico.
Non si può dire che la ragione stia nel mezzo, perché non esiste la posizione di mezzo. Metà da una parte e metà dall’altra, come succede in politica. Da questione ecologica il lupo è diventato questione ideologica. Visto da sinistra è un simbolo di libertà, visto da destra è un impostore. Visto da sinistra il difensore del lupo è un uomo di pace, visto da destra il giustiziere del lupo è un uomo d’ordine. Ma il lupo non mangia solo cerbiatti e caprioli, sfoltendo i capi in eccesso; il lupo mangia anche le pecore, simbolo di mansuetudine. E allora come la mettiamo?
Il lupo non sta da nessuna parte: segue altre leggi e va semplicemente alla ricerca di cibo e spazi aperti. Per questo le Alpi sono ancora il suo habitat naturale, e lo sono più di prima grazie all’aumento degli ungulati. Per noi esseri umani il lupo è una serissima provocazione culturale, perché eravamo convinti di essere rimasti gli unici carnivori nell’Europa al tempo di internet, e invece arriva un selvaggio a scombinarci le certezze.
Eravamo certi di aver sottomesso la natura alpina, e invece è bastata qualche decina di lupi su un arco di milleduecento chilometri per ricordarci che la natura è più forte di ogni sicurezza e di ogni tecnologia, perché noi stessi siamo natura e non possiamo sottrarci al confronto.
Possiamo sparare, possiamo distruggere, ma non possiamo chiamarci fuori.
Sono feltraia, a tempo pieno e le posso dire che i pastori che proteggono le greggi con cani maremmani e abbruzzesi che i lupi li conoscono, dormono sonni tranquilli. Almeno quelli di cui sono a conoscenza. Chi non investe nella protezione delle pecore, forse, se capita, ne paga le conseguenze. Dopotutto la favola del Lupo e dei 3 porcellini insegna….