Viaggio fra gli ultimi di Salvador de Bahia: come molti uomini e donne siano riusciti, con immensi sforzi, a ritrovare un motivo per alzarsi e lottare
A Salvador de Bahia esiste una piccola comunità che vive in modo sostenibile, un luogo ideale per ritrovare se stessi, immersi nella spiritualità.
Alla fine degli anni Novanta, un padre francese incontra una uomo che vive totalmente da solo, isolato dal mondo, in una vecchia chiesa diroccata.
Questo succedeva a Vera Cruz, isola ad un’ora di barca dalla capitale Salvador de Bahia (Brasile). Enrique, il padre francese, deciderà di fare di questo luogo, il primo rifugio per “moradores di Rua” di Salvador. Per offrire aiuto e sostegno a chi non ha più nulla. Questa decisione fu l’inizio di un’avventura che continua ancora oggi, ma più in grande: la Trindade di Salvador, enorme edificio poco lontano dal centro.
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La chiesetta sul mare, denominata Trindade do Mar, è lontana da tutto. Per raggiungerla c’è solo un cammino molto accidentato e pericoloso, soprattutto di notte. È situata esattamente su una punta di roccia dell’isola, tanto che, quando il mare è particolarmente mosso, le onde raggiungono il terrazzo della chiesa, bagnandoti. Il panorama è fantastico: il mare e la lontana ma vicina capitale, che domina l’orizzonte. Di notte, senza nuvole, sembra di essere investiti dalle stelle, dominate dalla costellazione della Croce del Sud.
Il vecchio che abitava questa chiesa, morì di morte naturale qualche anno dopo la fondazione della Trindade, oggi ci sono sue foto praticamente su ogni muro.
Nel giugno 2016, questa chiesa è abitata da 4 persone. Un padre sardo di 83 anni, e tre ex moradores de Rua, che qui cercano di riappropriarsi della loro esistenza. Hanno tutti un passato molto difficile, fatto di violenza, sofferenza estrema, fame, droga e alcol.
La vita nella Trindade do Mar è molto spartana: non c’è energia elettrica, le giornate sono perciò regolate dalla luce del sole, che sorge alle 5:30 e tramonta inesorabilmente alle 18:00. Poi ci sono solo le preghiere e la cena, rigorosamente alla tenue e tremolante luce di molte candele. Non c’è acqua corrente: il rubinetto e la doccia funzionano con l’acqua della cisterna, elemento caratteristico delle case brasiliane del Nordest. Le giornate sono scandite dalla preghiera, collante indispensabile per dare forza e speranza agli abitanti della Trindade. Il bagno è nel mato, cioè nel bosco.
Questa piccola comunità sostenibile è il luogo ideale per ritrovare se stessi, immersi nella spiritualità, nella natura, e in tutti gli oneri di manutenzione e cura che la chiesa comporta: dall’orto, al rifornimento di cibo, alla cucina con il fuoco a legna e non ultima la cura dei cani, indispensabili come “allarme” naturale e difesa.
Tutti gli arredi sono fatti di legno riciclato dall’isola: vecchi alberi trasformati in panche e tavoli, ci sono molti mosaici fatti dagli abitanti della Trindade, che viene amministrata da Fabiana, giovane donna schiva che settimanalmente fa la spola dall’isola alla città, dove è situata la sorella maggiore dalla Trindade do Mar: la Igreja da Trindade, affacciata al porto di Salvador.
La Igreja da Trindade prese questo nome nel 2000, dallo stesso padre francese che iniziò qust’opera sull’isola di Vera Cruz. La vita nella città è ben più complessa e articolata rispetto a quella sull’isola.
Innanzitutto cambia il contesto: la capitale è molto più ricca di stimoli e vizi, quindi di conseguenza aumenta esponenzialmente il numero di abitanti della chiesa. Ci sono stato 4 giorni, dormendo sul pavimento, con degli scatoloni come materasso e una coperta, circondato da tavolini fatti con bobine di cavi elettrici, ricoperte da coloratissimi mosaici fatti dagli abitanti della Trindade.
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Per guadagnarsi le permanenza nella Trindade di Salvador, tutti devono mantenersi attivi per la manutenzione della chiesa e in più trovarsi delle occupazioni: possono essere più o meno ortodosse, ma in ogni caso permettono di mettere insieme un po’ di denaro. Ho parlato con persone che passavano le giornate vendendo oggettistica per strada, altri raccogliendo materiale da riciclare, altri ancora si tengono occupati con l’artigianato o la musica.
Il letto comune è il pavimento. Chi ha un’entrata più o meno fissa e vive lì da un certo tempo, può permettersi di dimorare in una delle casette che circondano la chiesa, fra un cane legato ed un altro.
Il mio letto invece, era proprio sotto l’altare, rigorosamente separato dalla zona riservata alle donne, cioè dal corridoio della chiesa. Uscendo dall’edificio, ci si trova immersi in una specie di piccola foresta, fatta di camminamenti in pietra che permettono di raggiungere tutte le aiuole coltivate con diverse varietà di verdure.
Entrambi gli edifici sono vengono così recuperati dalla rovina, e mantenuti in ordine dall’opera di tutti i vari abitanti, con un risultato incredibilmente suggestivo, soprattutto in città: questa immensa costruzione bianca, praticamente immersa nel verde curatissimo delle aiuole e degli orti, a due passi dal centro della metropoli. Un piccolo paradiso in terra.
Così passano i giorni, le settimane, i mesi e gli anni nella Trindade. Fra nuovi arrivi, partenze più o meno volontarie, o semplicemente perché qualcuno preferisce tornare sulla strada.
Perché per qualcuno la strada è l’unica casa e l’unica vita, nonostante le difficoltà.