Thilafushi, l’isola-discarica artificiale ad appena 7 km da Malè, capitale delle Maldive, minaccia gli splendidi atolli dell’Oceano Indiano
“Non molto tempo fa, passando attraverso il cancello dei sogni, ho visitato quella regione della Terra nella quale si trova la famosa Città della Distruzione”.
Il celebre aforisma dello scrittore statunitense Nathaniel Hawthorne descrive perfettamente ciò che sta accadendo in uno degli angoli più belli e “paradisiaci” del nostro pianeta: gli atolli delle Maldive. Il sogno che abbraccia spiagge bianche e acqua azzurra da piscina, si scontra ormai da alcuni anni con un’amara realtà fatta di colonne di fumo giallo e denso che salgono in cielo da Thilafushi, l’isola-discarica artificiale più grande al mondo, ad appena 6,85 km dalla capitale maldiviana Malè.
Nata nel 1991 sulla laguna di Thilafalhu, l’isola-discarica è costituita da strati di sabbia e immondizia proveniente dai resort che negli ultimi anni sono aumentati sempre di più e dalla capitale. I rifiuti vengono bruciati per 24 ore al giorno, sette giorni su sette, senza distinzione di tipologia: dai comuni rifiuti domestici a quelli altamente tossici, come amianto, mercurio, bombolette spray, lampade al neon, vernici, medicinali ed elettrodomestici.
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Il grande aumento del turismo (quasi 1 milione di visitatori all’anno da tutto il mondo) sommato alla mancanza di una politica di gestione dei rifiuti stanno dando vita a quello che potrebbe definirsi uno dei più gravi disastri ambientali dell’Oceano Indiano. La collina di immondizia infatti è già arrivata all’altezza di 15 metri e continua a crescere di giorno in giorno, una condizione non proprio ideale considerando che le Maldive, classificate le isole più basse al mondo, rischiano già di finire sotto il livello del mare sommerse dall’innalzamento delle acque, provocato dallo scioglimento dei ghiacci. E mentre la collina-discarica brucia a cielo aperto dalle 300 alle 400 tonnellate di immondizia al giorno producendo fumi maleodoranti e sostanze tossiche, sulle coste non mancano i rifiuti caduti o gettati volontariamente in mare da abitanti e turisti che si ritrovano a galleggiare intorno alle spiagge.
Oltre che essere una minaccia ecologica all’ambiente delle isole, i rifiuti rischiano di diventare un grosso ostacolo allo sviluppo delle Maldive che basano gran parte della loro economia sul turismo in quanto potrebbero, a lungo andare, tenere lontani i visitatori e costringere alcuni resort di lusso a chiudere perché invasi dai detriti e scarichi fognari insalubri e maleodoranti. In tutto questo l’attuale Governo del Presidente Abdulla Yameen sembra essere cieco e sordo al grave e allarmante problema del suo paese e non prevede per ora alcun impianto di riciclaggio e smaltimento dei rifiuti. La discarica di Thilafushi risulta quindi abbandonata a se stessa, un’ombra scura che cresce minacciosa nel paradiso terrestre dell’Oceano Indiano.
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Ancora una volta, il nostro augurio è che poco a poco si diffonda un senso critico ed etico nei governi che ancora ignorano e non si preoccupano di sviluppo sostenibile e salvaguardia ambientale. Non di meno speriamo che i turisti e i viaggiatori abbraccino sempre di più un turismo sostenibile e a impatto zero che non rovini i magnifici luoghi del nostro pianeta ma che si limiti ad assaporarli e tutelarli, per noi stessi e per le generazioni future.