All the Time in the World: tutto il tempo del mondo per vivere davvero

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All the Time in the World: tutto il tempo del mondo per vivere davvero ultima modifica: 2016-04-13T07:58:33+02:00 da Valentina Tibaldi
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Una lista di priorità stilata più o meno consapevolmente nel corso degli anni, in cui ogni scelta, ogni impegno inserito nella routine, comporta una serie inevitabile di rinunce: quante volte le cose davvero importanti vengono trascurate o sommerse da una quotidianità sempre più pressante ed esigente?

Alla luce di questo interrogativo, la decisione di affrancarsi dalla tirannia di un’agenda piena di incombenze per ricavare del tempo per sé e per i propri cari smette di essere eccentrica o utopica, e diventa un piano ben congegnato per riuscire a vivere meglio. All the Time in the World, documentario della canadese Suzanne Crocker, mostra la “fuga dalla civiltà” di una famiglia che ha scelto di sottrarsi a un meccanismo collaudato, ma incurante dei reali bisogni personali e affettivi, per sperimentare un altro modello di vita.

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Stavo lottando per dare equilibrio alla mia stessa esistenza, soprattutto per la possibilità di avere tempo libero da trascorrere con i miei figli finché erano ancora piccolici racconta Suzanne. Dopo alcuni tentativi insoddisfacenti, ecco la risoluzione: “Mio marito e io abbiamo deciso che, per non perdere di vista le nostre priorità, dovevamo immergerci nella natura, dove non potevamo essere tentati da distrazioni. Così, abbiamo lasciato i rispettivi lavori, abbiamo ritirato i bambini da scuola e abbandonato le comodità della nostra casa per passare nove mesi nel selvaggio e remoto Canada del nord, in un piccolo cottage senza accesso dalla strada, senza elettricità, acqua corrente, internet e senza un solo orologio”.

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Da questa necessità personale all’idea di trasformare l’esperienza in un film il passo è stato breve. “La curiosità della gente era talmente grande che ho deciso di documentare il nostro viaggio in modo da poter condividere la nostra esperienza con altri. Il cinema è un mezzo potentissimo, ci può portare in viaggio, mostrarci un’altra prospettiva. Questo era il mio obiettivo per All the Time in the World: permettere al pubblico di trasformarsi in una mosca sul muro, sperimentare indirettamente il nostro viaggio, e poi giungere alle proprie individuali conclusioni. Non volevo dire alle persone cosa pensare o cosa fare. Molti film ambientali hanno un messaggio serio alle spalle, ma ammiro di più quelli che ispirano anziché deprimere.

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Grazie a uno stile immediato e autentico dovuto in parte all’assenza di una troupe esterna, il documentario mostra i risvolti (non esenti da difficoltà, sempre superate) di una vita priva di agi materiali ma ricca di abilità e valori recuperati. Il fiume ghiacciato che d’inverno impedisce i collegamenti con il resto del mondo, gli incontri ravvicinati con orsi e altri animali selvatici, gli imprevisti di salute: tutto si trasforma nella possibilità di mettersi alla prova come individui e come famiglia, diventando momenti preziosi di crescita cui, contro molti pronostici, si faticherà a rinunciare alla fine dei nove mesi.

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Ho voluto dare a All the Time in the World lo stile del reportage perché volevo che le persone sentissero di essere in viaggio con noi. Per una ragione simile non c’è una narrazione classica, ma solo scampoli di voice-over registrati da interviste con noi, durante e dopo l’esperienza. I tre bambini sono una presenza forte nel film e offrono una visione incredibile: hanno meno filtri quando parlano e dicono le cose così come le vedono”.

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Ma i bambini non sono gli unici protagonisti del film, vincitore di diversi riconoscimenti all’interno dei festival membri del Green Film Network: il Prémio Antropologia Ambiental a Cine’Eco 2015, il Premio del Pubblico a Cinema Planeta 2015 e il Green Screen Award a Planet in Focus 2014. In quella parte di mondo ricoperta di vegetazione, non stupisce infatti che un ruolo primario sia riservato a una natura potente e rigogliosa. “Era importante per me catturare lo spazio uditivo, visivo e psicologico che l’esperienza di vivere nella foresta procura. Quindi ho cercato di creare spazio nel film per i suoni e le immagini della natura. Inoltre, anche attraverso il montaggio ho voluto catturare il passo dato spontaneamente dalla foresta. In autunno, quando l’esistenza è ancora piuttosto frenetica a causa dei preparativi in vista dell’inverno, il ritmo del film è più veloce. Via via che si addentra nella stagione invernale, il passo della narrazione rallenta, riflettendo la nostra stessa capacità di rallentare e godere del momento.

In una connessione profonda che insegna come, se lo vogliamo, abbiamo tutto il tempo del mondo per vivere davvero.

All the Time in the World: tutto il tempo del mondo per vivere davvero ultima modifica: 2016-04-13T07:58:33+02:00 da Valentina Tibaldi
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All the Time in the World: tutto il tempo del mondo per vivere davvero ultima modifica: 2016-04-13T07:58:33+02:00 da Valentina Tibaldi

Lettrice accanita e scrittrice compulsiva, trova in campo ambientale il giusto habitat per dare libero sfogo alla sua ingombrante vena idealista. Sulla carta è laureata in Lingue e specializzata in Comunicazione per la Sostenibilità, nella vita quotidiana è una rompiscatole universalmente riconosciuta in materia di buone pratiche ed etica ambientale. Ha un sogno nel cassetto e nella valigia, già pronta sull’uscio per ogni evenienza: vivere di scrittura guardando il mare.

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