Il 5 febbraio è la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. Quest’anno siamo ormai alla terza edizione della ricorrenza, istituita nel 2014 come prima iniziativa concreta all’interno del PINPAS, il Piano Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. Ad occuparsene fin dall’inizio troviamo Andrea Segrè, docente dell’Università di Bologna, fondatore del Last Minute Market e presidente del comitato tecnico-scientifico del Piano Nazionale prevenzione rifiuti.
All’interno di una tre giorni romana organizzata da Enpam, significativamente intitolata “Alimentare la salute. Cibo educato, per sentirsi sani” è stato lo stesso Segrè a presentare l’edizione 2016 della Campagna europea di sensibilizzazione di Last Minute Market, “Spreco Zero”. Sempre in questa cornice sono stati presentati i risultati della nuova indagine Waste Watcher sul tema dello spreco in rapporto alla corretta conservazione degli alimenti e dell’importanza del packaging.
Obiettivo della nuova campagna sarà tracciare un quadro reale dello spreco domestico. Allo scopo saranno utilizzati i Diari di famiglia, metodologia già diffusa in altri paesi europei e introdotta dalla Waste Watcher già lo scorso anno con una serie di test pilota. In pratica, un gruppo di famiglie campione dovrà annotare per ogni pasto la quantità e la qualità dello spreco con l’ulteriore indicazione di come venga smaltito il cibo divenuto rifiuto.
La conservazione è uno dei temi centrali per evitare che risorse alimentari vengano gettate vie. L’importanza dell’argomento è riconosciuta dalle famiglie stesse. Non a caso nel report della Waste Watcher Tutela dell’ambiente, abitudini delle famiglie e spreco alimentare, reso disponibile a giugno 2015, alla domanda sul perché le famiglie sprecano, la maggioranza del campione ha attribuito la responsabilità in primo luogo al comprar troppo, e subito dopo al non saper conservare. In termini economici, questo spreco ammonta a 6,7 euro a famiglia ogni settimana, cifra che riferita all’anno diventa ben più significativa, 348 euro. Ampliando ancora la lente, troviamo che la quantità di cibo sprecato su tutto il territorio nazionale arriva a 8,4 miliardi l’anno.
Uno spreco che non è riconducibile solo alla perdita economica. Allevare, ad esempio, un bovino per consumarne la carne richiede un certo sfruttamento di risorse. Se decidiamo di acquistarne un chilogrammo, ma la dimentichiamo in frigorifero, non avremo solo sperperato i soldi spesi per il suo acquisto, ma anche le risorse utilizzate per la produzione della carne stessa: in questo caso parliamo di 16.000 litri di acqua, un’enormità tale che risulta complesso persino visualizzarla mentalmente. Fortunatamente le ricadute sull’ambiente dello spreco alimentare iniziano a essere evidenti e altrettanto sentite.
All’esorbitante cifra dello spreco domestico va aggiunto tutto ciò che viene dissipato nel corso della filiera produttiva, di cui le famiglie sono l’ultimo tassello e neppure l’unico. Grosse perdite si hanno infatti anche nelle mense, nei ristoranti, nelle tavole calde, negli ospedali: ovunque si prepari cibo che, quando avanzato, deve essere buttato. Assolutamente sì dunque alle doggy bag, sempre più accette nella cultura italiana. Ma per dare alla questione una risposta più universale, non limitata a virtuosi ma particolari progetti di recupero che si stanno realizzando a macchia di leopardo nel nostro territorio, si sta lavorando ad una legge che permetta la donazione del cibo invenduto.
Quando andiamo a fare la spesa proviamo a fare un esperimento: prima di mettere i nostri acquisti nel carrello tentiamo di indossare i panni di un’anziana signora di 70/80 anni. Chiediamoci se questa donna metterebbe nel suo carrello le stesse cose che mettiamo noi. Questo suggerimento l’ho letto tempo fa e chiedo scusa se non ricordo più la fonte. Lo trovo però un sistema interessante per cambiare abitudini di acquisto, che potrebbe mettere in evidenza scelte e comportamenti messi in atto in base ad automatismi e non con consapevolezza o convinzione. Compriamo meno, conserviamo meglio e controlliamo di più cosa rimane nel frigorifero. Tre azioni che potrebbero veramente fare la differenza.