Waste Mandala, il futuro del Nepal parte dalla plastica

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Waste Mandala, il futuro del Nepal parte dalla plastica ultima modifica: 2015-12-16T08:00:23+01:00 da Alberto Pinto
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Un viaggio alla scoperta di un Nepal inedito, che dietro al fascino delle sue vette nasconde un volto amaro. Cumuli di plastica e di immondizia sommergono un ambiente alla deriva, soffocando una terra in bilico tra la sua antica cultura e la modernità all’occidentale portata dal turismo di massa.

Waste Mandala, il bellissimo documentario di Alessandro Bernard e Paolo Ceretto, racconta questo contrasto attraverso un punto di vista del tutto originale. Il film, concepito nell’ambito di Cinemambiente Lab 2014, ha partecipato al FestivalCinemAmbiente 2015  e all’Innsbruck Nature Film Festival, dove ha vinto il Terra Mater Audience Award. Entrambi i festival sono membri del Green Film Network.

Achut Gurung (2)

La voce che fa strada allo spettatore del documentario è quella di Achut Gurung, ex guida di montagna che ha scelto di combattere in prima persona il problema dei rifiuti in Nepal. Achut ha cominciato a ripulire il suo Paese dalla plastica ispirando sempre più persone, centinaia di volontari uniti oggi nel movimento dei Green Soldiers.

Quando abbiamo sentito da un amico appena tornato dal Nepal la storia dei Green Soldiers, abbiamo capito che quella era la strada che cercavamo: un viaggio che ci permettesse di parlare di uno dei più gravi problemi del nostro tempo, quello dello smaltimento dei rifiuti, da una prospettiva completamente nuovaci racconta il regista Alessandro Bernard, con cui abbiamo parlato del film.

Il Mandala
La sfida quotidiana di Achut è quella di risvegliare attraverso l’azione la grande anima del suo popolo, in forte sintonia con natura e spiritualità. Da qui la sua idea di utilizzare la plastica per dare un messaggio di profondo cambiamento, trasformandola in un enorme, colorato mandala da realizzare in una delle più grandi piazze di Katmandu. Un simbolo di armonia per dimostrare che anche le cattive abitudini possono essere cambiate, fino a portare a qualcosa di buono.

“Il nostro film non voleva semplicemente mostrare la nascita di un gruppo di attivisti che lottano per salvaguardare la propria terra”, prosegue il regista. “Voleva parlare di uno scontro tra la cultura del consumo e del progresso incontrollato, di cui noi eravamo i portatori, e un’altra legata a tradizioni, culti, usanze che stanno rischiando di scomparire. Abbiamo documentato il tentativo delle persone di trovare una terza via, attraverso un simbolo universale che parla a tutti, che unisce due mondi così distanti per suggerirci che il cambiamento, qualsiasi sia, nasce anche da un percorso che avviene dentro di noi”.

Waste Mandala

Un ritratto che i registi dipingono con un linguaggio brillante, attraverso cui forma e contenuti trovano il giusto equilibrio. “Ci siamo prima di tutto posti una domanda: cosa si cela dietro le splendide immagini delle cartoline che riceviamo? Il nostro film avrebbe giocato sulle contrapposizioni tra le immagini stereotipate di un mondo troppo spesso semplificato e il suo lato nascosto: l’immondizia. Un Nepal inedito, non solo fatto di santoni indù, di spiritualità e purezza, ma di immagini crude, di città inghiottite da traffico e caos, di gadget turistici e, soprattutto, di spazzatura e plastica. Le immagini di quest’ultima costituiscono il leitmotiv visivo del film. Un contrasto dove i colori vividi e a loro modo affascinanti della plastica ritroveranno il loro riuso creativo nel Mandala, simbolo di armonia universale. Infine, le immagini colte nel vivo delle riunioni, delle spesso rocambolesche campagne di raccolta accompagnate da stravaganti musiche, della preparazione del Mandala, ci hanno suggerito di simulare un immaginario bollywoodiano. Speriamo di avere restituito un’immagine più vera di un popolo”.

Ad emergere è un Nepal pronto a rialzarsi e a ritrovare se stesso. “Dietro ad ogni problema ambientale e alla sua soluzione ci siamo noi, ci sono solo ed esclusivamente le persone”, conclude Alessandro Bernard. E in effetti è grazie all’impresa di Achut, realizzata il 3 maggio 2014, che il governo e i cittadini nepalesi si sono rimboccati le maniche, decisi a diventare protagonisti del cambiamento.

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Beneventano, laureato in comunicazione audiovisiva. Appassionato di cinema, serie televisive, viaggi e di tutto ciò che è arte e comunicazione. Creativo, curioso e sognatore, ama immergersi nelle storie e scoprirne dettagli e sfaccettature. Per eHabitat scrive di musica e di cinema

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