Re della Terra Selvaggia. Una bimba e il suo papà, un ambiente idilliaco minacciato dal riscaldamento globale e da antiche paure ancestrali
Il fatto
Un padre e la sua bambina, le paludi della Louisiana dove vivono assieme a bizzarri personaggi. La Grande Vasca è la loro casa, a separarli dal mondo esterno il muro di una diga. Dall’altra parte c’è una “grande vasca per i pesci ma senz’acqua”. Un eden dove gli animali “possono” parlare e gli uomini sono legati da antiche paure. In questo mondo sospeso vive Hushuppy con il suo papà. Ma un uragano, lo scioglimento dei poli e l’arrivo degli Aurochs minacciano questa tranquilla esistenza… Così comincia il film Re della Terra Selvaggia.
Il commento
C’erano una volta una bambina con il suo papà. Ecco, questa a Hollywood è stata l’intro di un buon film strappalacrime da almeno una decina d’anni, specie se il papà soffre di malattie fisiche o mentali, da Mi chiamo Sam (2001) a Padri e figlie (2015). Anche in questo Re della Terra Selvaggia – il film più premiato in assoluto nel 2012, dal Sundance Festival a Cannes, fino ad arrivare alle nomination per quattro Oscar – c’è un padre che ha una malattia che lo sta uccidendo, e che cresce da solo la sua bambina, Hushuppy. Il rapporto è burrascoso, il padre è un alcolizzato, dai modi spicci e inculca nella mente della figlia degli insegnamenti per affrontare il mondo di grana grossa. Ma sono felici. Hushuppy è felice. Vivono, assieme ad altri bizzarri personaggi, in capanne fatiscenti fra le paludi della Luoisiana, nei pressi di una grande diga che li separa dal mondo esterno.
La Grande Vasca, questo è il nome che la pittoresca popolazione dà alla propria casa. Il mondo esterno non esiste, loro vivono a contatto con la Natura, pescando a mani nude, curandosi con le erbe, allevando animali. La vita è tranquilla e non è regolata da alcuna forma di globalizzazione o regola prestabilita. «Là fuori ci farebbero internare, ci chiamerebbero pazzi!». Un mondo che è quasi favolistico, una favola anomala dove la parabola del buon selvaggio è virata in una chiave di realismo magico: in un mondo, letteralmente, a parte. Questo mondo, però, è minacciato: da una parte un terribile uragano allaga tutta la Grande Vasca; dall’altra lo scioglimento dei ghiacciai ai poli fanno riemergere gli ancestrali Aurochs, gigantesche creature, temute dagli uomini primitivi.
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C’era una volta una Regina. Sì perché Re della Terra Selvaggia è una fiaba ecologista. La protagonista affronta, da sola o con vari compagni d’avventura, avversità e durezze dell’ambiente che la circonda. Sono tuttavia viste attraverso l’occhio dell’infanzia, e la macchina da presa resta sempre alla sua altezza come muto testimone della sua vita, dei suoi pensieri perennemente (e mai fastidiosamente) in voice over. Una fiaba ecologista dove l’uragano (nel quale si legge fra le righe la tragedia di New Orleans), per quanto terribile, è una calamità che si può affrontare e vincere, senza timore di sparargli addosso; il riscaldamento globale è visto in una chiave quasi epica con le grandi masse di ghiaccio ai poli che si staccano e dalla quale le creature antidiluviane riemergono con un muggito. L’umanità indirettamente responsabile delle devastazioni dell’uragano (che ha allagato la Grande Vasca a causa di una diga) o direttamente responsabili dello scioglimento dei ghiacci non si vedono, sono fantasmi in camice che si muovono senza scopo e pronunciano parole vuote e preconfezionate.
Re della Terra Selvaggia è la rappresentazione di un’emergenza, ma vista da poco più di un metro da terra: quindi più grande, più maestosa, più avvincente da affrontare e combattere. Raccontare qualcosa in più di questa chicca significherebbe snaturarne completamente il significato, banalizzando il messaggio dietro a frasi sottovuoto. Il rischio è di non essere troppo diversi da quei camici bianchi. Con un pochino di sforzo si è membri, nel proprio piccolo, della Grande Vasca: basta avvicinare un pulcino al proprio orecchio, anziché un telefonino. Sentirne così il suo calore, il ritmo martellante del cuoricino. E della Vasca, Hushuppy è la Regina. Lunga vita alla Regina!
Scheda del film Re della Terra Selvaggia
- Titolo originale: Beasts of the Southern Wild
- Regia: Benh Zeitlin;
- Soggetto: Lucy Alibar (opera teatrale “Jucy and Delicious”);
- Sceneggiatura: Lucy Alibar e Benh Zeitlin;
- Anno di produzione: USA, 2012;
- Interpreti: Quvenzhané Wallis (Hushuppy), Dwigy Henry (Wink), Levy Easterly (Jean Battiste), Lowell Landes (Walrus / Tricheco), Pamela Harper (Little Jo), Gina Montana (Miss Bathsheba), Amber Henry (LZA), Jonshel Alexander (Joy Strong), Nicholas Clark (Sticks), Joseph Brown (Winston);
- Durata: 93′
- Temi: CINEMA, ANIMALI, NATURA, RISCALDAMENTO GLOBALE
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Regista
Benh Zeitlin nasce nel 1982 nel Queens, dove crescerà. Si laurea presso la Weselyan University dove fonda con i suoi compagni di studi, nel 2004 il collettivo culturale indipendente Court 13. Con esso realizza Egg (2005), il suo primo cortometraggio e, nel 2006, Origin of Electricity. Dopo la laurea comincia a viaggiare fino a stabilirsi in Europa per qualche tempo, salvo poi tornare negli Stati Uniti, rimanendo fortemente impressionato dalle devastazioni dell’Uragano Katrina. Benh deciderà di trasferirsi a New Orleans e di raccontare l’uragano nel corto Glory at the Sea (2008). Le impressioni di questa catastrofe naturale saranno ben presenti anche nel suo lungometraggio d’esordio, Re della terra selvaggia (2012), ispirato alla commedia di Lucy Alibar. Il film entra nella storia dell’Academy Awards in quanto Quvenzhané Wallis, all’età di nove anni, è l’attrice più giovane candidata alla statuetta di Miglior attrice protagonista.