Le trivelle, una questione da non dimenticare

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Le trivelle, una questione da non dimenticare ultima modifica: 2015-10-29T08:00:03+01:00 da Annalisa Audino
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Trivelle: molte le polemiche, tante le difficoltà sulle norme e sui controlli nelle aree interessate. La battaglia infuria indisturbata nel Mediterraneo

Il mondo lotta contro i cambiamenti climatici, ma il petrolio resta l’oro nero che non dà tregua al nostro pianeta. Sebbene le potenze mondiali si siano e si stiano interrogando sulle soluzioni da trovare, spesso i problemi emergono e scompaiono alla velocità della luce senza trovare fine. È l’esempio di una piaga che per qualche mese ha preoccupato la stampa nazionale e poi è nuovamente caduta nell’oblio: le trivellazioni alla ricerca del petrolio in mare.

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Molte sono le polemiche, tante le difficoltà sulle normative e sui controlli da effettuare nelle aree interessate e il risultato è che la battaglia delle trivelle infuria indisturbata ancora oggi nel Mediterraneo. Mentre siamo tutti concentrati sui problemi della terra ferma, in mare e nei nostri corsi d’acqua si sta verificando un disastro che potrebbe portare a conseguenze enormi.

Trivella nel mar Adriatico
Trivelle nel mar Adriatico

Per fare un esempio, in Basilicata si estrae l’80% di tutto il petrolio italiano ormai da 25 anni e i danni all’ambiente e al turismo sono inestimabili. Sebbene le compagnie petrolifere amino propagandare che con le trivellazioni i danni sono minori, sia nell’aria che nelle falde freatiche e nel mare stesso, i rischi sono invece altissimi. Uno studio di qualche anno fa di Scientific American, dal titolo “Drilling for Natural Gas, Contaminating Water”, aveva dimostrato che negli Stati Uniti, dove i controlli sono di gran lunga più severi e meticolosi che in Italia, si registravano circa 1000 casi di contaminazione di sostanze tossiche nei pozzi d’acqua ad uso umano a causa di estrazioni di gas naturale o petrolio. In vari casi, si erano trovati benzene, lubrificanti e altri composti chimici nell’acqua teoricamente potabile.

Le sostanze chimiche utilizzate per perforare o estrarre gas, infatti, restano nel terreno e si infiltrano nelle falde acquifere, inquinandole con materiali tossici. L’opera di estrazione necessita inoltre di molta acqua ad alta pressione, che molto spesso è caratterizzata da presenza di idrocarburi, composti organici, metalli, sali e altre sostanze chimiche di lavorazione. La sua elevata salinità può, infine, cambiare la composizione chimica del terreno, riducendone qualità e fertilità.

Perdite di petrolio di una piattaforma
Perdite di petrolio di una piattaforma

Ma allora perché lo Sblocca Italia va in tutt’altra direzione? Perché lo scorso giugno il Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, attraverso un decreto, ha autorizzato la Nothern Petroleum ad effettuare delle prospezioni geosismiche per la ricerca di petrolio a largo del tratto di costa che va da Bari a Brindisi?

La scelta di autorizzare la ricerca di petrolio nel nostro mare purtroppo continua e metterà a serio repentaglio non solo l’integrità della costa e dell’ambiente marino, ma anche tutti gli sforzi e gli investimenti compiuti nel tempo dalle nostre comunità per salvaguardare questo splendido patrimonio. Oltre al danno, anche la beffa. Secondo Legambiente la scelta del governo italiano è frutto di una strategia energetica insensata e impattante. Le riserve certe di petrolio presenti sotto i mari italiani sarebbero, infatti, assolutamente insufficienti a dare un contributo energetico rilevante. Infatti, stando ai consumi attuali, basterebbero solo per 8 settimane. A fronte di questi quantitativi irrisori di greggio si stanno ipotecando circa 130mila kmq di aree marine.

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Stop Trivelle, la campagna di Greenpeace

Ancora una volta, muoviamoci anche noi! Le petizioni e le iniziative non mancano e sono tutte importanti per fermare questa follia (non perdete il documentario Black Ice): in Sicilia si può firmare la petizione U mari nun si spirtusa di Greenpeace o Il petrolio mi sta stretto del WWF, in Puglia si può prendere parte all’iniziativa #difendiamolabellezza o nell’Adriatico si può aderire a questa petizione. Le proteste in qualche caso sembrano dare buoni frutti: a luglio, in Croazia, due compagnie petrolifere, l’austriaca OMV e la statunitense Marathon Oil, a cui erano state assegnate 7 delle 10 aree di ricerca idrocarburi hanno rinunciato alle concessioni a pochi giorni dalla firma del contratto con il governo.

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C’è quindi da ben sperare, ma molto è ancora da fare: ad oggi le Regioni non hanno praticamente voce in capitolo sulle autorizzazioni delle ricerche petrolifere offshore e non è ancora stata fatta una Valutazione Ambientale Strategica (VAS) sulle ricerche offshore di idrocarburi, che dovrebbe definire anche in quali aree sensibili queste ricerche non possano essere eseguite. Per questo intervenire è fondamentale: fatelo anche voi!

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Laureata in Culture Moderne Comparate e giornalista pubblicista, legge, scrive, ama le passeggiate in montagna, ma anche andare in moto. Visita mostre, ascolta musica e non ne ha mai abbastanza di imparare. Adora le cose fatte in casa e cerca di vivere in modo sostenibile. Attualmente è impiegata presso l'Ufficio Comunicazione di Slow Food.

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