Torna Bulli, l’intramontabile pulmino degli Hippie ma in versione elettrica. A che punto siamo con la mobilità a zero emissioni?
Siete anche voi fra i nostalgici che, nonostante una convinta predilezione per la mobilità sostenibile, guardano indietro con simpatia a quell’allegra e spesso multicolore icona che era il pulmino Volkswagen? Ebbene, pare che il 2015 sia l’anno del suo ritorno. E per di più in versione elettrica.
Lo ha rivelato Heinz-Jakob Neusser, membro del board Volkswagen, durante l’ultimo salone automobilistico di New York: pur mantenendo un design fedele al modello originale T2 Bulli o Kombi, gli ingegneri stanno lavorando a un motore che sia in grado di accostare ad affidabilità e funzionalità una risposta alle sempre più pressanti necessità ambientali.
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Una notizia che farà piacere a molti: anche dopo il tramonto della cultura hippie presso cui ha avuto immediato successo, infatti, il Bulli non è passato di moda. Anzi, ha resistito inossidabile ai decenni, incrementando ulteriormente la sua popolarità come mezzo vintage, simbolo di spensieratezza e di un modello di vita alternativo. E se pensiamo all’auto elettrica come unica possibilità “motorizzata e privata” per la mobilità del nostro futuro prossimo, l’operazione diventa una naturale evoluzione di quello stesso spirito anti-convenzionale e rispettoso dell’ambiente.
Ma come si sta evolvendo la situazione delle auto elettriche a livello mondiale? Per la verità, i dati su trend e prospettive sono ancora incerti, ma le scelte che molti grandi marchi stanno facendo in questa direzione rivelano un mercato in subbuglio e curioso di novità.
Da un lato, le stime compiute dalla società di ricerca britannica “Frost & Sullivan” prevedono che nel 2015 saranno vendute globalmente circa cinquecentomila auto elettriche, ipotizzando nei prossimi anni un boom che porterà ad acquistare 10 milioni di unità entro il 2020. Meno ottimiste le indagini della compagnia statunitense “The Research Capsule”, che definisce la diffusione attuale delle auto elettriche come “geograficamente inconsistente” e stima ci vorranno almeno dieci anni prima che esse possano diventare popolari. Al momento, i Paesi che dominano il mercato europeo dei veicoli a zero emissioni sono la Norvegia e la Svezia, seguiti da Olanda, Germania e Francia.
Uno dei dubbi più spesso riscontrati fra i potenziali acquirenti non ha confini geografici e riguarda l’autonomia del mezzo, con la relativa possibilità di ricarica durante il viaggio. Un esempio pratico di risolutiva efficienza ci arriva, nemmeno a dirlo, dal Giappone: il timore frenava gli automobilisti nell’acquisto e oggi, dopo un’azione tempestiva e puntuale, il numero delle stazioni di ricarica per le auto elettriche (circa 40.000) ha già superato la totalità dei distributori di carburante. Oltre oceano e in tutt’altro contesto, anche gli Stati Uniti sono metaforicamente e letteralmente on the road per allargare la rete di ricariche pubbliche per auto elettriche e ibride che, tramite accordi e alleanze fra case produttrici, integrino le già presenti colonnine proprietarie a marchio Tesla.
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Per quel che riguarda l’Italia, le vendite di auto elettriche sono quadruplicate nel giro di appena un anno, ma il mercato, per quanto in crescita, si muove ancora su cifre incredibilmente basse, di poco superiori al centinaio di unità. E’ notizia fresca di pochi giorni che il Comune di Firenze abbia siglato un accordo per la fornitura di 70 veicoli elettrici Renault da integrare nella flotta, mentre si contano, sparsi per lo stivale, i primi servizi di car-sharing e autonoleggio di veicoli elettrici.
Sono timidi passi, certo, ma da qualche parte bisogna pur iniziare. E poi si sa, il buon esempio, insieme a una cultura della mobilità sostenibile a tutto tondo, può fare miracoli. Chissà che tra qualche anno gli unici esemplari di auto che contenderanno a pedoni e ciclisti lo spazio in strada non siano proprio utilitarie a zero emissioni e coloratissimi pulmini elettrici in stile vintage.