Mangiamo sempre più carne e sprechiamo cibo, ecco la ricetta perfetta per distruggere il pianeta ma possiamo ancora fare la differenza
Mangiamo sempre più carne anche se nel 2013, 842 milioni di persone nel mondo non hanno avuto abbastanza da mangiare, secondo le stime del WFP (Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite).
Sempre secondo le stime del WFP, la stragrande maggioranza di esse si trova nei paesi in via di Sviluppo, con il primato dell’Asia: 552 milioni di persone, nel 2013, sono vissute in condizione di denutrizione.
Invece, in Europa e in USA, il problema è l’opposto: in base ai dati dell’ WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità), le persone sovrappeso o obese sono almeno 400 milioni.
La situazione non è destinata a migliorare. I paesi afflitti da denutrizione sono gli stessi in cui l’esplosione demografica è ancora un problema serio – in Liberia, ad esempio, nel 2001 l’incremento demografico toccava il 8,23% -, e, con il tasso di crescita demografica dei Paesi Emergenti, i 6 miliardi di oggi diventeranno presto 10 miliardi di persone.
Perchè questo è un problema climatico?
Più popolazione significa quantità maggiore di cibo da produrre, e quindi creazione di nuovi campi arabili, di agricoltura intensiva e di conseguente disboscamento ed inquinamento atmosferico (oggi, i sistemi colturali intensivi risultano tra i maggiori produttori di CO2 del Pianeta).
Dobbiamo quindi rassegnarci ad assistere impotenti ad epidemie, carestie, e guerre per il cibo, cercando di mantenere chiusi occhi e frontiere di fronte al numero sempre crescente di disperati che approdano sulle nostre coste?
Dobbiamo costringere i cinesi e gli altri paesi in via di sviluppo ad applicare la politica del Figlio Unico, ed assistere alle tragedie che vediamo consumare in Cina, dove questa pratica, pur illegale, è tuttora applicata?
Possiamo ancora fare la differenza.
La ricetta è semplice, eppure ancora nessuno sembra volerla ascoltare: mangiare meno carne, e sprecare meno cibo.
Il nostro consumo eccessivo ed in continuo aumento sta distruggendo il pianeta.
A livello mondiale, il 70% di acqua dolce disponibile viene utilizzata per l’agricoltura, e di questa oltre il 40% della produzione annua di grano, segale, avena e mais serve per l’alimentazione animale, ed 1/3 dei 14 miliardi di ettari di terra coltivati nel mondo sono adibiti alla sua crescita.
Produrre 1 kg di carne richiede 15.500 litri d’acqua, la stessa quantità necessaria per produrre 12 kg di grano o 118 kg di carote. Per fare l’hamburger che molti di noi mangeranno a pranzo, servono più di 3,5 m2 di terreno.
Siamo noi a scegliere cosa mettere nel piatto, badando alla nostra salute ed a quella del Pianeta.
Un comportamento che possiamo applicare sin da subito è quello di non comprare più cibo di quanto ci serve, evitando di sprecare soldi, di rischiare l’obesità e di inquinare l’ambiente: secondo quanto riportato da Lifegate, ogni anno in Italia finiscono tra i rifiuti dai 10 ai 20 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di circa 37 miliardi di euro.
Un costo di 450 euro all’anno per famiglia, che basterebbe a sfamare, secondo la Coldiretti, circa 44 milioni di persone.
Infine, possiamo scegliere un’alimentazione povera o priva di carne, o, almeno, fare attenzione alla provenienza: esistono ancora coltivatori ed allevatori locali attenti all’ambiente ed ai loro animali, che oggi vengono schiacciati dall’agricoltura industriale ed intensiva.
Mangeremo un prodotto migliore, con un minor impatto ambientale e, probabilmente, a costi decisamente inferiori.
Per informarvi meglio riguardo a questi temi, vi segnalo il documentario FOOD inc. che nel 2009 ha suscitato clamore e rabbia delle industrie del cibo statunitensi e, nel 2013, è stato presentato in Italia al festival CinemAmbiente di Torino.
Infine, vi segnalo il libro “Atlante dei futuri del mondo”, di Virginie Raisson, pubblicato nel 2012 da Slow Food Editore, che offre una panoramica di cosa potrebbe succedere nel 2033, se non verranno smentite le statistiche.
Recentemente, è stato scoperto un pianeta con condizioni simili al nostro: Kepler 186f.
Forse, dovremmo iniziare a pensare al modo per giungervi: guadagneremmo molto tempo, con un altro pianeta da popolare e ridurre all’invivibilità.
Oppure, potremmo iniziare a rendere la nostra Terra più vivibile e sostenibile.
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