Fantozzi – Antieroe e attualissima vittima del Consumismo

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Fantozzi – Antieroe e attualissima vittima del Consumismo ultima modifica: 2018-11-11T08:00:56+01:00 da Emanuel Trotto
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Il fatto

Le disavventure del Ragioner Ugo Fantozzi. Impiegato vessato e servile di una megaditta nell’operoso Nord Italia post-boom economico. Marito della brutta Pina e padre dell’orrida Mariangela. Una vita passata, fra routine lavorative, le disastrose iniziative del ragionier Filini, il desiderio della fuga extraconiugale con la collega signorina Silvani. Tra fallimenti personali e voglia di rivalsa…

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Il commento

Chi è Fantozzi Ragionier Ugo? Al di là di tutte le metafore neanche troppo lontane o velate. Chi è al di fuori delle situazioni tragicomiche? Dei congiuntivi sbagliati (prima ancora che diventassero di moda), degli inchini ipocriti e della lecchinaggine andante? Chi è realmente il ragioniere più amato d’Italia? Forse uno specchio deformante in cui ci ritroviamo, come un Santo Patrono dei frustrati, che si inchinano e subiscono come conigli e varcate le mura domestiche diventano leoni per i loro cari? Lui rappresenta solamente questo oppure è qualcosa d’altro?

Innanzitutto, per chi scrive, il Ragioniere è un mito personale. Anche visione proibita della prima serata. I primi che vidi sono stati gli ultimi film, quelli efficaci a tratti. Un pochino manierati nella narrazione e con le gag, il più delle volte ripetitive. Viste in decine di altri epigoni. Erano le visioni proibite (neanche fossero quelle a luci rosse) che mi si impediva di vedere in quanto “stupide”. Antipatia verso il personaggio, l’interprete o ciò che esso rappresentava? Probabilmente la gag di basso (in tutti i sensi) livello poteva bastare. Eppure mi piaceva vedere quel vecchietto in tweed con il berretto un po’ impacciato. E proprio per questo gliene succedevano (e ne subiva) di ogni.

Con il tempo ho imparato ad amarlo e ad apprezzare il Ragioniere in tutte le sue sfumature. Arrivando al suo capostipite cinematografico, televisivo, letterario, e dell’autore e incarnazione di essi: Paolo Villaggio. Le prossime righe non sono una sviolinata, ma un vero e proprio atto d’amore. Quando Villaggio ci ha lasciato, nel 2017, ho sofferto come se fosse venuto a mancare un parente. Una specie di parente che, anche se un po’ pasticcione e sfortunato, non gli si smette di voler bene. E che andandosene lascia un vuoto insostituibile. Un “nonno” che ha lasciato tanta dolcezza, risate e tanta riflessione. Proprio grazie ad un ruolo che, col tempo, ha intrappolato il suo interprete. Un vortice infinito e fantozziano. In cui ci si gira e ci si rigira per poi rimanere incastrati nel mezzo.

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Il personaggio risale, ancora prima che ai libri e a Quelli della domenica del 1968. Risale alla vera esperienza di vita del suo autore. Infatti Villaggio, dopo aver abbandonato la Facoltà di Giurisprudenza, si dedica a diverse esperienze lavorative. Da cameriere a speaker della BBC a Londra a cabarettista sulle navi da crociera con il fraterno amico Fabrizio De André. Negli anni ’60 viene assunto in una delle più importanti ditte impiantistiche italiane, la Italimpianti S.p.a. In essa era l’addetto all’organizzazione di eventi aziendali come lo scambio di doni natalizi fra dirigenti e la premiazione di impiegati meritevoli. Tra le vittime delle sue iniziative vi era anche un tal Fantozzi. Dalle sue tragicomiche esperienze lavorative Villaggio scriverà alcuni racconti che verranno pubblicati sul giornale l’Europeo e poi, in seguito raccolte nel volume Fantozzi del 1971.

Quindi gli interventi televisivi e il successo letterario sono solo un punto di arrivo. Perché il Nostro Ragioniere nasce nel cuore pulsante e potente dell’Italia del boom economico. Quegli Anni ’60 in cui tutti potevano avere un lavoro e potersi indebitare per acquistare di tutto. Le briciole di quel consumismo che stava divorando gli Stati Uniti già da un decennio. Il doppio volto di un Paese sconfitto dalla guerra e che si può permettere tutto, anche di sbeffeggiare il più debole. Che, più per interesse, che per inettitudine, continua a leccare le scarpe al Superiore. Fantozzi nasce, al cinema, in un punto qualsiasi dell’operoso Triangolo Industriale (Torino, Genova e Milano) ma è fra i pochi a non goderne i frutti. Perennemente perseguitato dalla nuvoletta sulla sua Bianchina. Nemmeno una fiammante Fiat sfornata al Lingotto il Nostro può permettersi.

Villaggio questo lo sapeva benissimo. Tanto che ha punteggiato il suo cinema di sfortunato completamente assuefatti dal servilismo (Giandomenico Fracchia). Così come nella vita reale non ha mai nascosto l’ostentazione e l’opulenza che il suo talento ha portato. Ma la mente è sempre rimasta incorrotta e lucidissima. Infatti, nel 1975 Villaggio era stato intervistato dalla televisione svizzera in seguito all’uscita del primo Fantozzi. L’affresco della società italiana che ne viene fuori è quanto mai attuale.

«Questa società nella quale viviamo è giusta o non è giusta? Il sospetto di tutti, soprattutto dei giovani, che hanno cominciato a contestare e a rimettere in discussione tutto. Abbiamo forse sbagliato obiettivo, è veramente questo tipo di società consumistica piena di frigo, di televisioni a colori e di beni di consumo, di Polaroid, di macchine, di cose è la felicità? No, la verità è che tutti si sono accorti che è il diavolo, che è l’opposto. Questo tipo di felicità è altamente infelice. (…)  Il piccolo Fantozzi, l’omino che per anni è vissuto nel boom consumistico cioè ha ricevuto dai mass media, dalla televisione e dai settimanali uno stimolo preciso, quasi un ordine a consumare, ad acquistare a vivere sotto determinati schemi. E lo schema di questa filosofia era precisissimo: attento che se compri e ti attrezzi in determinati modi potrai essere felice e vivrai in un mondo che sarà felice e contento per mille anni.»

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Ma l’Italia e la società di Fantozzi non è più quella di una volta. È la società (di allora) improvvisamente impoverita dalla crisi petrolifera del 1973. Ma chi se ne frega. Anzi, legittima ulteriormente lo spreco e l’asservimento. Come reazione naturale e spontanea. Come costume abituale. Così come quella attuale. Oggi è la crisi e il riscaldamento globale. Siamo tutti mortalmente frustrati, stressati e sopraffattori. Ci ingozziamo e sprechiamo imbottendoci e indebitandoci di improbabili ed imperdonabili scuse. Il Nostro Ragioniere questo rappresenta, la valvola di sfogo della nostra coscienza per nulla limpida, che cerchiamo di ripulire con iperboli, servilismi, congiuntivi storpiati. Tutto torna, come in un vortice.

Scheda film

  • Regia : Luciano Salce;
  • Soggetto e sceneggiatura: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Luciano Salce, Paolo Villaggio, liberamente tratto dai volumi Fantozzi e Il secondo tragico libro di Fantozzi, di Paolo Villaggio;
  • Interpreti: Paolo Villaggio (Ragionier Ugo Fantozzi), Anna Mazzamauro (Sign.na Silvani), Gigi Reder (Ragioner Renzo Filini), Giuseppe Antarelli (Luciano Calboni), Liù Bosisio (Pina Fantozzi), Plinio Fernando (Mariangela Fantozzi), Paolo Paoloni (Megadirettore Galattico);
  • Origine: Italia, 1975;
  • Durata: 108′;
  • Temi: CINEMA, CONSUMISMO, ENERGIA

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Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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