El Pepe – A Venezia Kusturica e Mujica a scuola di umiltà

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El Pepe – A Venezia Kusturica e Mujica a scuola di umiltà ultima modifica: 2018-09-16T08:00:26+02:00 da Emanuel Trotto
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José “Pepe” Mujica, 40° Presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015 lo si può considerare un’icona. Da quando fu definito come “il presidente più povero del mondo” sui social. O da quando fu ritratto accanto al suo maggiolino Wolkswagen che guida, orgogliosamente, da trent’anni. Egli è il simbolo di una politica illuminata, una pecora nera nel gregge delle grandi caste presidenziali, è il portatore di una vita votata alla semplicità. In pochi anni è divenuto un simbolo, senza se e senza ma. Un rivoluzionario dalla guerriglia politica alla filosofia di vita. Un uomo che ha dato tanto per il suo Paese, l’Uruguay. Soprattutto tanti anni di prigionia, dodici per l’esattezza. In quanto combattente contro la dittatura di Jorge Pacheco Areco. Liberato nel 1985 ha portato con sé non solo le allucinazioni e le paranoie della prigionia, ma anche quelle della società. Oggi incredibilmente corrotta da un “bene” fittizio.

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Un personaggio così non poteva non colpire un regista molto attento alla politica e alle tematiche sociali come Emir Kusturica. Il regista si sente uno spirito affine con il politico uruguayano. Kusturica è stato un esponente dell’intellighenzia jugoslava degli anni ’70 che criticava il regime di Tito come un distruttore della ex Jugoslavia. Un paese dal quale, in parte, si è sentito tradito e bistrattato. Ma che non ha mai smesso di lottare per amore nei suoi confronti anche quando esso si è disgregato. Non è un caso che la vicenda di Mujica lo abbia attirato. Egli racconta la sua vita al regista bosniaco in El Pepe – Una vida suprema presentato nella sezione Fuori Concorso alla 75ma Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia.

«La mia visione del mondo è legata a personaggi che ammiro, come Che Guevara o Fidel Castro, ma su di loro non ho mai potuto realizzare nulla. Quando ho sentito parlare di un uomo che era presidente ma continuava a guidare il suo trattore, mi sono detto ‘Lui è il mio uomo’». Così Kusturica spiega il perché ha deciso di girare questo documentario.

Ma come racconta Mujica Kusturica? Semplicemente non lo fa. Si affida totalmente al suo “interprete” e alla sue parole che sono accessibili a tutti, dall’intellettuale all’analfabeta. La sua chiarezza è sempre stata una delle sue principali qualità. Oltre ad una spiccata schiettezza. Kusturica si limita ad ascoltare, a seguire, a filmare, domandando sporadicamente. Perché la parola di Mujica non ha bisogno di interpretazioni o filtri. L’occasione per poterlo conoscere è l’ultimo giorno di presidenza, il 1 marzo 2015. Come lo affronta El Pepe una simile giornata? Semplicemente come qualsiasi altra: ovvero zappando il suo campo, togliendo le erbacce, sistemando il suo trattore.

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Nel film non si vuole raccontare solo la sua parabola politica, ma anche le sue idee in merito. Ma anche sulla società e la Natura. L’amore per quest’ultima è qualcosa di estremamente viscerale. Da come si adopera per mantenere le proprie piante, all’attenzione nella cura dei fiori. Perchè è provato che i fiori abbiano dei sentimenti, e che quindi provano anche la sofferenza della incuranza. Parla di una società invasa dai telefonini, ancor più opprimenti da quando possono fare fotografie. Ironizza sul fatto che ci saranno applicazioni anche per andare in bagno. Considera la civilizzazione della razza umana come la maggior forma di socialismo perché l’uomo è un animale sociale. Insomma il bene più grande perché è possibile diffondere la cultura e solo con essa possono avvenire i cambiamenti.

E, di fronte al cambiamento climatico lui ha le idee molto chiare. Per quanto possiamo rallentarlo, lo si può sfruttare per dare acqua potabile alle persone che ancora soffrono per la sete. Se avesse le possibilità economiche vorrebbe investirle solamente in iniziative a favore della vita. Non ha dubbi in questo. Non c’è ombra di cinico capitalismo o della facile filantropia in tutto questo. È un vecchio saggio amato e ascoltato dai giovani. A loro lui si rivolge, alle future generazioni. Perché il suo messaggio da trasmettere al mondo, l’umiltà e il compromesso, possa arrivare.

È esplicativa, in tal senso, la prima scena del film. Una scena silenziosa e poetica. Riassume Mujica e l’effetto che fa alle persone. Con la calma versa da un thermos dell’acqua calda nel suo mate (l’infuso con le foglie dell’omonima pianta da bere in una zucca con la cannuccia). Si trova nel giardino della sua casa di Rincon del Cerro, presso Montevideo. Ad assistere alla preparazione, meticolosa e lenta, il suo cagnolino e Kusturica. Il regista non nasconde una certa attesa per quello che Pepe dirà. Mentre Pepe comincia a dare i primi sorsi, Kusturica si accende un sigaro.

Dopo di che l’attesa finisce e Mujica offre un po’ del suo infuso al suo ascoltatore/intervistatore. Sono uno di fronte all’altro, ai lati opposti di un tavolo in ferro battuto. Dopo un po’ saranno seduti uno accanto all’altro a condividere la zucca. E Kusturica beve con gusto e un po’ avidamente.

El Pepe – A Venezia Kusturica e Mujica a scuola di umiltà ultima modifica: 2018-09-16T08:00:26+02:00 da Emanuel Trotto
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El Pepe – A Venezia Kusturica e Mujica a scuola di umiltà ultima modifica: 2018-09-16T08:00:26+02:00 da Emanuel Trotto

Nato a Biella nel 1989, si è laureato in Storia del Cinema presso il DAMS di Torino nel 2012, ha partecipato alla rassegna stampa per l’Università al 29, 30, 31mo Torino Film Festival e ha collaborato per il Festival CinemAmbiente 2014. Collabora per diversi blog di cinema e free culture (Il superstite) e associazioni artistiche (Metropolis). Ha diretto due cortometraggi: E Dio creò le mutande (2011), All’ombra delle foglie (2012).

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