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Portogallo, il ruolo della monocoltura dell’eucalipto negli incendi forestali

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Portogallo, il ruolo della monocoltura dell’eucalipto negli incendi forestali ultima modifica: 2017-08-14T08:00:39+02:00 da Davide Mazzocco
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Abbiamo intervistato l’ingegnere zootecnico e ambientale João Camargo per approfondire il tema della monocoltura degli eucalipti in Portogallo.

La salute della foresta passa attraverso una gestione del bosco attenta alla biodiversità. La monocoltura, al contrario, impoverisce le aree boschive e le rende vulnerabili. In Portogallo gli incendi di giugno a Pedrógão Grande e di luglio a Sertã hanno evidenziato questa vulnerabilità in maniera inequivocabile. In questi due roghi sono bruciati circa 75mila ettari di area boschiva. Secondo le statistiche dell’Instituto da Conservação da Natureza e das Florestas (ICNF) fra il 1° gennaio e il 31 luglio 2017 sono stati registrati 1925 incendi forestali e 6614 fuochi, per un totale di 128.195 ettari di area arsa (una superficie equivalente a quella della Provincia di Como).

eucalipto

È indubbio che in questi incendi la monocoltura dell’eucalipto abbia giocato un ruolo determinante, come accade sempre più spesso negli ultimi anni. Nell’ultimo mese ho percorso circa 300 km di strade e sterrati nella zona del Pinhal Interior Norte ed ho potuto verificare che: 1) la maggior parte delle zone forestali arse sono piantagioni di eucalipto, 2) le aree verdi all’interno delle aree forestali arse sono quelle in cui permangono le specie autoctone, 3) i “confini” delle aree forestali arse dagli incendi sono quasi sempre delimitati dall’inizio del bosco di specie autoctone.

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Dopo avere meditato su queste osservazioni, ho contattato João Camargo, ingegnere zootenico e ambientale e ricercatore dell’ICS- Instituto de Ciências Sociais dell’Universidade de Lisboa per capire meglio quanto la monocoltura dell’eucalipto stia incidendo sulla trasformazione del territorio portoghese e quanto questa specie sia responsabile dei periodici incendi che stanno mettendo in crisi molte economie locali. Ecco il suo prezioso contributo.

  1. Quando la monocoltura dell’eucalipto si è diffusa in Portogallo?

“La foresta autoctona in Portogallo non ha mai occupato aree simili a quelle che esistono oggi dalla fondazione del Paese. Il pinhal di Leiria fu piantato per iniziativa di D. Alfonso III nel XIII secolo, per fissare le dune e approvvigionare legna per la costruzione delle imbarcazioni. La disponibilità di legna proveniente dal Brasile e dall’Africa significò, nei secoli seguenti, l’abbandono, da parte del Portogallo, di una politica forestale  intensa (sebbene la riduzione delle aree di querceto nel Nord per la costruzione di navi fosse stata molto importante). Storicamente, in termini di monocolture forestali, il pino selvatico è stata la specie più importante e le politiche pubbliche dell’Estado Novo hanno portato a un aumento molto importante delle piantagioni con gli obiettivi di stabilizzare i terreni, ridurre l’erosione idrica e aumentare l’impiego. Fra la fine della dittatura (1974, ndr) e il 1995 l’area forestale continuò ad aumentare, così come l’espansione del pino, del sughero e, più sensibilmente, dell’Eucalyptus globulus”.

  1. Perché l’industria della carta ha favorito lo sviluppo dell’eucalipto rispetto a quello delle altre specie?

“L’industria della carta preferisce questo albero per le sue caratteristiche naturali di resilienza, per la crescita rapida e per la capacità di utilizzazione dei nutrienti e dell’acqua presente nel terreno. Inoltre, l’eucalipto ha un’età di taglio molto precoce che consente le estrazioni di legna per la pasta di carta molto presto, con 9 o 12 anni, in alcuni casi persino dopo i 7 anni di età. Inoltre, l’industria ha investito molto nella scelta degli alberi e nella produzione clonale in modo da poter assicurare, a partire dai propri vivai, la proliferazione di questi alberi selezionati sul territorio portoghese. La pasta di carta prodotta dalla maggior parte dell’industria portoghese utilizza l’eucalipto adatto al processo kraft con lisciviazione che dà origine, fra gli altri, alla carta Navigator”.

  1. Si possono immaginare soluzioni maggiormente sostenibili con altre specie di alberi? 

“È possibile utilizzare molti tipi di alberi per produrre la carta. L’industria si è evoluta in un processo tecnologico e industriale veloce, basato su specie a crescita rapida, in gran parte l’Eucalyptus globulus, la cui produzione è organizzata per la massima produttività nel minor tempo possibile o, nel caso dell’outsourcing della produzione (maggioritario in Portogallo), in modo da offrire al produttore la minore remunerazione possibile. L’insostenibilità ambientale è il modello di business e incrementare la sostenibilità ambientale significherebbe pregiudicare il ritorno economico a breve termine. In questo senso, non esiste alcun incentivo per migliorare la sostenibilità ed è per questo che, quando viene loro proposta o imposta qualche difficoltà, (le industrie della carta, ndr) incrementano le minacce di delocalizzazione in altri Paesi (cosa che infelicemente comincia a svilupparsi, per esempio, nel continente africano)”.  

  1. Quali sono le controindicazioni della monocoltura dell’eucalipto per il suolo, per la flora e per la fauna? 

“I terreni delle piantagioni di questo eucalipto sono idrofobi e i microrganismi hanno difficoltà nel digerire le foglie e la corteccia che cadono dagli alberi, ragione per la quale vi è poca variabilità dei microrganismi presenti nelle piantagioni di eucalipto. Di conseguenza in queste foreste ci sono meno invertebrati, meno funghi e meno erbe. La maggior parte delle specie che si nutrono di vegetali tendono ad allontanarsi dalle piantagioni di eucalipto.  Così la catena alimentare è altamente instabile e semplificata, un ostacolo all’aumento della biodiversità”. 

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  1. Perché l’eucalipto è così altamente infiammabile?

“L’eucalipto si è evoluto in un territorio altamente vulnerabile agli incendi, principalmente secco e con quantità limitate di nutrienti nel suolo. Il professor David Bowman, dell’Università della Tasmania, suggerisce che l’eucalipto si sia evoluto in modo da poter ardere superficialmente ed eliminare così le proprie concorrenti. In questo senso i residui forestali di eucalipto si accumulano come una pira, con i resti di cortecce e le foglie, altamente infiammabili, a orientare gli incendi rapidamente verso le cime degli alberi e a diffondere il fuoco. L’eucalipto è particolarmente infiammabile a partire dai 6/7 anni di età, con le foglie che liberano terpeni e acidi fenolici, oli e composti che inibiscono l’azione dei microrganismi nei suoli e ostacolano la proliferazione delle erbe. Non è comune che l’eucalipto muoia negli incendi. Quando il fuoco raggiunge facilmente la cima, si verificano “esplosioni” e emissioni di materiali incandescenti (perlopiù foglie e cortecce) che possono finire a chilometri di distanza. Anche la caduta e la germinazione delle sementi di eucalipto sono favorite dagli incendi rapidi”.  

  1. Che cosa differenzia la foresta dell’eucalipto da un bosco di alberi autoctoni in termini di resistenza al fuoco?

“Le caratteristiche proprie degli alberi imprimono differenti velocità al fuoco e, in generale, le specie autoctone hanno una minore combustibilità dell’eucalipto. È evidente che un maggior numero di accensioni possono essere associate a varie cause, per esempio alla vicinanza con le aree urbane e le strade, ma la velocità dell’incendio sarà differente conformemente alle specie che ardono. È altrettanto importante sottolineare come determinate condizioni climatiche (temperatura media dell’aria elevata, bassa umidità relativa e venti forti) non possano far altro che peggiorare la situazione per tutte le specie. Ciò significa principalmente che gli eucalipti ardono ancor di più che in condizioni normali, così come le altre specie. C’è qualcuno che utilizza questo dato di fatto per dire che l’eucalipto arde tanto quanto le altre specie. Non è vero. Una composizione variegata dell’area forestale, che non  abbia solamente eucalipti e pini, arde meno lentamente di un’area forestale con specie che, per le loro proprie caratteristiche, impiegano più tempo a bruciare, a trasferire gli incendi dal suolo alla cima e ad espandere l’area dell’incendio in varie direzioni simultaneamente”.

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  1. Fino a che punto l’eucalipto è un corpo estraneo nel sistema agro-silvo-pastorale portoghese? 

“È difficile fare una valutazione di ciò che è un corpo estraneo in ecologia o di ciò che è oggi il sistema agro-silvo-pastorale in Portogallo. L’eucalipto, in termini di ecologia forestale in Portogallo, è una specie invaditrice, con una grande capacità di naturalizzazione, rigenerazione naturale ed espansione, che sta modificando con la sua azione (e principalmente per l’azione umana di introduzione massiccia) alcune caratteristiche del territorio nazionale, per esempio la biodiversità, la disponibilità di risorse idriche e la suscettibilità agli incendi forestali. Credo che il declino del sistema agro-silvo-pastorale portoghese, come il declino del sistema agro-silvo-pastorale del Mediterraneo, abbia molto più a che fare con l’esodo rurale che con l’eucalipto, sebbene questa specie e principalmente il tipo di gestione associata a essa possano contribuire ad aggravare questo esodo rurale e a impedire tanto la policoltura nella foresta, come la sostenibilità territoriale per le attività agricole e di allevamento estensive”.

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  1. Come l’industria della carta si sta muovendo per appoggiare la continuità della monocoltura dell’eucalipto? 

“L’industria della carta ha a sua disposizione un importante contingente di opinion-maker che si mobilitano per produrre consensi che siano difensori dello status quo nella foresta. L’influenza sul governo è importante ma variabile (ci sono già stati governi molto più dominati dalla “cellulosa”, nei quali ministri e segretari di Stato erano vecchi funzionari dell’industria), così com’è rilevante quella sull’Università, essendoci stato un investimento continuativo nelle ultime decadi che ha trasformato percorsi formativi come ingegneria forestale in lauree quasi esclusivamente votate alla produzione (al contrario di una ingegneria forestale rivolta prevalentemente all’ecosistema forestale multidimensionale) e alla ricerca scientifica quasi esclusivamente rivolta alla produzione. Ciò ha provocato nella comunità accademica un’inevitabile tendenza alla difesa della produzione e, conseguentemente, dell’eucalipto e (in misura minore) del pino”.

joao camargo
João Camargo
  1. Gli abitanti di Ferraria de São João stanno creando una zona di protezione di 100 metri e sostituiranno alberi di eucalipto con specie autoctone. È una soluzione per evitare gli incendi?

“Credo che sia una risposta molto legittima, abbastanza accettabile e una proposta che ho sempre difeso: ampie aree di protezione con differenti specie, meno suscettibili al fuoco, articolate con aree di altro utilizzo, per esempio agricoltura e zone libere. Le popolazioni che vivono in zone vulnerabili e nelle quali i roghi avvengono di frequente conoscono per esperienza le caratteristiche degli alberi e del fuoco. Questo tipo di azione non deve stupire e dispiace che questo venga fatto soltanto dopo una tragedia così grande come l’incendio di Pedrógão Grande”.

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  1. Quali devono essere le priorità politiche affinché non si ripetano incendi come quelli di Pedrógão Grande e Sertã? 

“Mi sembra chiaro che siano stati fatti passi sulla strada giusta, sebbene molto timidi, come la cosiddetta “riforma forestale” approvata di recente dall’Assemblea della Repubblica: ridimensionare le specie a crescita rapida (eucalipto, pino selvatico) e realizzare un catasto forestale serio. Ma manca molto altro, è necessaria una ristrutturazione della proprietà che segua l’abbandono delle proprietà, che è molto rilevante (probabilmente al di sopra del 20%) e lo Stato deve divenire un attore molto importante nella foresta, attraverso due linee guida: prima prendendo possesso dei territori abbandonati e senza padrone conosciuti e dall’altro lato ricostruendo un nuovo corpo di tecnici di campo e forestali che possano stare effettivamente sul campo. È qui che cominciano i problemi: viviamo in una Unione Europea nella quale la proprietà (anche se abbandonata) è sacrosanta e nella quale l’aumento dell’intervento pubblico in qualsiasi area incontra l’opposizione da parte delle organizzazioni europee che, tuttavia, non vedono alcun problema nel continuare a finanziare piantagioni di specie come l’eucalipto. Abbiamo bisogno di diversificare le specie presenti nelle aree forestali e di trasformare le foreste in spazi multifunzionali e abitati, adeguati al clima locale e al clima futuro. È più facile dirlo che farlo. Essenziale è invertire la politica di disinvestimento fatta nelle ultime decadi nelle zone interne del Paese. Le alterazioni climatiche proporranno sempre di più questo problema, con temperature crescenti e incendi forestali inarrestabili. Spero che sia possibile modificare radicalmente la foresta, la sua composizione, struttura e resilienza, e la presenza di popolazioni nel territorio forestale, prima che sia impossibile ricostruirla a causa della rapida desertificazione che si verifica nel territorio nazionale. L’industria della cellulosa e tutte le voci sulle quali ha potere faranno di tutto per impedirlo”.

[Foto | Peter Wilton-Davies e Davide Mazzocco]

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Giornalista e saggista, ha scritto di ecologia, ambiente e mobilità sostenibile per numerose testate fra cui Gazzetta, La Stampa Tuttogreen, Ecoblog, La Nuova Ecologia, Terra, Narcomafie, Slow News, Slow Food, Ciclismo, Alp ed ExtraTorino. Ha pubblicato numerosi saggi fra cui “Giornalismo online”, “Propaganda Pop”, "Cronofagia" e "Geomanzia".

3 Commenti

  1. Complimenti! Bellissimo articolo. Vivo a Castelo Branco, a circa un’ora da Pedrógão, ho vissuto intensamente quei giorni.
    È stato dato molto risalto all’incendio di Pedrógão, anche a livello internazionale, la morte fa audience, poi tutto tace come sempre. Nel frattempo qui la foresta continua a bruciare, da ieri brucia la Serra da Gardunha, un incendio con un fronte lungo 23 km. Si sente parlare molto di prevenzione, attuando sul territorio e sul tipo di coltura, il fatto è che la stragrande maggioranza degli incendi è di natura dolosa. Quali sono le ragioni che spingono piromani o semplici delinquenti ad appicare il fuoco? Quali sono i benefici che ne traggono? È qui che secondo me bisognerebbe fare prevenzione.

    • Credo che la natura dolosa degli incendi – che continuano nella zona del Pinhal Interior Norte – sia palese. In alcuni giorni di agosto sono stati superati i 200 focolai al giorno. La Protezione Civile è messa in scacco dalla sproporzione e dalla diffusione degli eventi dolosi in rapporto all’organico disponibile. Io mi trovo nella zona di Figueirò dos Vinhos e, da circa un mese, vedo quasi quotidianamente roghi più o meno lontani dalla zona in cui vivo. Ha ragione lei quando dice che la prevenzione è l’elemento più importante. Da qualche parte ho letto che gli incendi non si combattono con l’acqua: concordo pienamente. L’incendio si combatte facendo prevenzione, cercando di evitare gli errori che sono stati fatti a Pedrógão e che ho cercato di spiegare in un articolo precedente. A cominciare dall’eliminazione degli eucalipti e dal ripristino di un corpo che si occupi della prevenzione, della sorveglianza e dell’intervento.

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