Amaranto resistente al glifosato? La natura si riprende ciò che è suo

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Amaranto resistente al glifosato? La natura si riprende ciò che è suo ultima modifica: 2017-03-18T08:00:33+01:00 da Sara Panarella
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L’amaranto, alimento riscoperto recentemente ma dalla storia antica, sembra non solo riprendersi uno spazio fra gli alimenti da inserire nella propria alimentazione ma voglia anche prendere una rivincita sulle coltivazioni OGM.

Secondo una notizia che circola sul web sembra che vari agricoltori statunitensi abbiano abbandonato terreni su cui praticavano un’agricoltura con sementi OGM a causa di infestanti, tra cui l’amaranto, resistenti al glifosato, principio attivo del RoundUp, erbicida che accompagna questo tipo di colture.

Amaranto. Foto: giardinaggio.it
Amaranto. Foto: giardinaggio.it

L’amaranto

È una pianta erbacea annuale che, a seconda delle specie (circa 60), varia da un’altezza che va dai 50 centimetri ai 3,5 metri. Era considerata sacra dalle popolazioni precolombiane Inca e Atzeca che, oltre a nutrirsene, la utilizzavano come cibo spirituale in particolari feste religiose.

Amaranto spontaneo. Foto: fogliedialchemilla.it
Amaranto spontaneo. Foto: fogliedialchemilla.it

Dimenticata anche a causa del divieto spagnolo di coltivarla ma non scomparsa è stata recentemente riscoperta proprio grazie alle sue notevoli proprietà nutritive: ricco di vitamina A e B, di sali minerali come calcio e ferro e con un buon contenuto proteico altamente assimilabile. Cresce anche da noi come pianta spontanea.

Il glifosato

Il glifosato, è un diserbante potentissimo ad ampio spettro e non selettivo che sta ancora aspettando la nuova autorizzazione all’uso nei territori dell’Unione Europea.

Al momento è ancora in vigore la proroga, valida fino al 31 dicembre 2017, ma proprio di questi giorni è la notizia che l’Echa, l’agenzia per le sostanze chimiche dell’Unione ha stabilito che il glifosato non può essere considerato cancerogeno né genotossico. Confermata invece la pericolosità per gli occhi e per la fauna acquatica.

Il glifosato venne introdotto in agricoltura negli anni ’70, inizialmente per ripulire i campi dalle erbacce prima della semina proprio perché non selettivo: è letale per tutti i tipi di piante, siano annuali, perenni o alberi.

Un momento nella distribuzione del diserbante. Foto: terravivaverona.org
Un momento nella distribuzione del diserbante. Foto: terravivaverona.org

Il prodotto più conosciuto contenente glifosato è l’erbicida RoundUp di proprietà della Monsanto, colosso leader dell’agrochimica. Per poterne estendere l’utilizzo anche in presenza di vegetazione coltivata, la Monsanto creò una linea di sementi in grado di tollerarne la tossicità. Apparvero così sul mercato le sementi RoundUp Ready (RR). La promessa di questo binomio era maggior resa con minor lavoro.

Il RoundUp viene usato però anche separatamente dagli OGM. In Italia, le coltivazioni transgeniche sono vietate ma il RoundUp è uno dei prodotti fitosanitari più utilizzati.

L’amaranto come infestante dei campi OGM

Torniamo però alla notizia dei campi OGM invasi da infestanti resistenti al glifosato. I primi casi sono stati segnalati già nel 2005 e la situazione è andata sempre più estendendosi. Nel 2014 un articolo del New York Times raccontava la storia della Harper Brothers Farm, in Indiana. Per liberare i loro campi coltivati con soia OGM e invasi dall’amaranto dovettero nonostante tutto tornare a estirpare le piante invasive a mano.

Mr. Harper sradica a mano una pianta di amaranto dalla sua coltivazione. Foto: nytimes.com
Mr. Harper mentre sradica l’amaranto a mano l’ultima risorsa nella lotta contro le infestanti. Ogni pianta può produrre fino a 200.000 semi in un campo medio. Fonte nytimes.com

Diciamo che se anche il web possa aver gonfiato un po’ la notizia risulta comunque confermata la problematicità della questione infestanti nei campi OGM.

Perché?

Secondo l’articolo del NYT già citato questo potrebbe dipendere dal numero notevolmente elevato di semi che l’amaranto produce. Se anche solo in uno di questi si trovasse il gene della resistenza agli erbicidi, con tal numero non ci vorrebbe molto per farlo diventare un carattere dominante.

Amaranto. Foto: traterraecielo.it
Amaranto. Foto: traterraecielo.it

Anche Greenpeace si muove su questa linea interpretativa. In un suo rapporto si legge: “Ci sono sempre piante singole per le quali il patrimonio genetico cambia leggermente e possono, come risultato, sopravvivere all’attacco di un erbicida. Queste esistono solitamente in piccolo numero ma il frequente utilizzo di un erbicida spinge verso una selezione che rende queste piante resistenti agli erbicidi, a sopravvivere meglio delle piante non resistenti, e a riprodursi di più.” 

E dopo il glifosato? Ecco il dicamba

Una delle risposte data alla resistenza dell’amaranto è stato un aumento della quantità di erbicida utilizzato sui campi. Oppure un uso di prodotti diversi dal glifosato, forse ancora più nocivi. Sempre sul NYT è citato il dicamba che all’epoca dell’articolo era tollerato dal mais ma non dalle coltivazioni di soia.

A fine 2016 il dicamba ha ottenuto l’autorizzazione all’utilizzo da parte dell’EPA, l’Agenzia di Protezione Ambientale statunitense. Naturalmente sono pronti anche i dicamba-resistenti.

Se da una parte non si può non applaudire la risposta della natura, dall’altra va comunque tenuta presente la situazione che purtroppo potrebbe portare ad un ulteriore aumento della quantità e pericolosità dei pesticidi utilizzati.

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Vive a Torino, bibliotecaria. Si laurea in Filosofia interessandosi di bambini e multiculturalità e si avvicina alla psicoanalisi e alla cura del pensiero. Ha poi quattro bimbi e un cane che insieme a tanta effervescenza aggiungono interessi nuovi, maggior attenzione per l’ambiente e gli antichi mestieri e saperi, lavorazione dell’argilla, uncinetto, raccolta e utilizzo delle erbe. Una moderna “Strega in famiglia”!

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