Etica a tavola, perché dire no al foie gras

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Etica a tavola, perché dire no al foie gras ultima modifica: 2015-03-30T08:00:00+02:00 da Valentina Tibaldi
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Quale prezzo siamo disposti a pagare per soddisfare i nostri capricci a tavola? Quante e quali sofferenze siamo disposti a infliggere pur di non rinunciare a prelibatezze che solleticano il nostro appetito? A metà strada tra i vegetariani e gli onnivori, esistono una miriade di scelte che hanno a che fare con dilemmi etici impossibili da ignorare: una di queste è particolarmente scottante e riguarda quel grande paradosso morale chiamato foie gras.

foie gras

Stop alla sua produzione: lo chiedono oltre 300mila cittadini europei che, con le loro firme, si sono rivolti alla Commissione Europea per vedere interrotto l’ingozzamento forzato di oche e anatre necessario a ottenerlo. Una pratica considerata incivile, condannata dalla FAO fin dal 2002 e dallo stesso Comitato Scientifico dell’Unione Europea sulla Salute e il Benessere degli Animali, eppure ancora massicciamente applicata in Belgio, Bulgaria, Francia, Ungheria e Spagna.

E così, tre europarlamentari e quattro associazioni di protezione animale (la fondazione tedesca Albert Schweitzer Foundation for Our Contemporaries, l’organizzazione mondiale Compassion in World Farming International, l’associazione francese L214 e la PETA UK, ente per il trattamento etico degli animali) hanno deciso di unire le forze e farsi portavoce della richiesta.

La petizione, presentata al Presidente della Commissione Europea e al Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura, si fonda sul fatto che, se si vogliono rispettare gli standard di protezione e benessere degli animali degli obiettivi fissati per il periodo fra il 2012 e il 2015, non si possono trascurare gli effetti dell’ingozzamento forzato (o gavage, per dirlo alla francese), né la persistenza nell’utilizzo di gabbie individuali, illegali nell’UE dal 2011.

dopo l'ingozzamento

Nel bel mezzo di questa mobilitazione di coscienze, lo scorso 19 marzo è giunta una notizia che va in senso opposto: la società Ernest Soulard, produttore di foie gras accusato di “gravi sevizie e atti di crudeltà” contro volatili indifesi e ingabbiati, è stata scagionata in tribunale. Nel novembre 2013, l’associazione L214 aveva diffuso un video in cui si denunciavano le condizioni di gavage nelle fattorie che lavorano per conto del marchio: un filmato shock, che aveva indotto chef come Joel Robuchon e Gordon Ramsay a sospendere le forniture. “Non siamo dei barbari” aveva dichiarato a margine del processo Roland Tonarelli, direttore generale di Soulard. “Dimostreremo passo passo, minuto per minuto che non ci sono stati maltrattamenti”. E ora, a un anno e mezzo di distanza, il giudice gli ha dato ragione.

Ma l’alimentazione forzata, indispensabile per ottenere il prelibato foie gras, non è forse in sé e per sé una sevizie a tutti gli effetti? Difficile non considerarla tale, dato che la pratica consiste nel somministrare forzatamente, con l’aiuto di una pompa idraulica o pneumatica e di un tubo inserito a forza fin nello stomaco dell’animale, cibo iper-energetico in grande quantità. Gli effetti del trauma di questa operazione su fegato, sistema respiratorio, apparato digerente e termoregolatore di oche e anatre sono descritti già nel rapporto del 1998 del Comitato Scientifico Veterinario, che denuncia tassi di mortalità negli animali ingozzati anche da 10 a 20 volte più elevati rispetto a quelli allevati normalmente.

oca

L’ennesimo paradosso in merito appartiene anche all’Italia, dove la produzione di alimenti a base di fegato d’oca è vietata, ma la vendita è consentita. Lo sottolinea Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia, ribadendo con vigore la posizione dell’associazione che rappresenta: “La realtà del foie gras è una sola: sofferenza animale. Come CIWF Italia invitiamo i cittadini italiani a non comprare questo cibo, frutto di una pratica barbara e da superare al più presto”. Parole che ben si prestano a riassumere il senso ultimo della raccolta firme europea: un’azione di cittadini-consumatori che, con il potere delle loro scelte, si attivano per risalire la filiera del foie gras e interromperne la produzione.

Etica a tavola, perché dire no al foie gras ultima modifica: 2015-03-30T08:00:00+02:00 da Valentina Tibaldi
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Lettrice accanita e scrittrice compulsiva, trova in campo ambientale il giusto habitat per dare libero sfogo alla sua ingombrante vena idealista. Sulla carta è laureata in Lingue e specializzata in Comunicazione per la Sostenibilità, nella vita quotidiana è una rompiscatole universalmente riconosciuta in materia di buone pratiche ed etica ambientale. Ha un sogno nel cassetto e nella valigia, già pronta sull’uscio per ogni evenienza: vivere di scrittura guardando il mare.

1 Commento

  1. Il mio commento? Questa barbarie non merita nemmeno un commento, dev essere bloccata è subito! Spero che qualcuno si metta una mano sulla coscienza e chi ha il potere per farlo faccia smettere immediatamente questo procedimento assurdo e totalmente inutile, anzi solo utile a quelli che pensano di fare i soldi sulla sofferenza di animali indifesi. Si può benissimo vivere anche senza questo alimento prodotto in modo innaturale, tragico e senza ritegno alcuno. Ma il cuore queste persone dove ce l hanno? Non ho parole, chi può faccia qualcosa!!

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